Ha destato un certo stupore nell' ambiente del settore alimentare la bocciatutre di un "heath claim" per il mercato francese relativo al succo di cranberry della Oceanspray. Lo avete mai visto? Un succo fatto con il mirtillo rosso americano molto più grande del nostro. La documentazione esaminata dall'Efsa non ha ritenuto completi gli studi presentati a favore del claim "Aiuta a ridurre il rischio di infezione del tratto urinario nelle donne inibendo l'adesione di alcuni batteri delle vie urinarie ". Per dirla in breve (la relazione ha 14 pagine) hanno presentato studi che dimostrerebbero la validità health claim in vitro ma non completi studi clinici. L'azienda ha già comunicato che "Per il futuro avremo modo di garantire che i nostri studi clinici vengono effettuati per soddisfare le esigenze delle richieste dell'Efsa". (immagine di proprietà del sito thecranberryhome )
Questa vicenda pone però una riflessione sulla facilità con cui molte aziende associano le proprietà naturali e salutari di un ingrediente al proprio prodotto. Per semplificare posso dire che la comunicazione i media si riferiscono a un ingrediente fresco, come potrebbe essere la fragola e alle sue proprietà naturali, che hanno quelle che acquistiamo mature e fresche al mercato, se invece prendiamo uno yogurt alla fragola, è un altro prodotto, non è detto che contenga integre le stesse proprietà del prodotto naturale, può contenere all'interno la purea di fragola o mi è capitato di vedere spesso solo l'aroma o come ho sentito dire a Napoli , yogurt alle "fragole fujite". Per fare un esempio che aiuti a capire.
Cosa deve fare un azienda che lancia un Health Claim? La migliore strategia è che ci vuole è ricerca, rigore e trasparenza, avere un comitato scientifico o un gruppo di lavoro medico scientifico che supporti il management, è utile stabilire una partnership, con un Istituto Universitario che aiuta l'azienda in questo percorso, con studi e ricerche, grazie alle professionalità elle competenze che le Università hanno all'interno, un rapporto che non deve essere visto come limitativo per l'azienda, anzi spesso si possono ricevere dei feedback molto interessanti, in particolare per le innovazione dei prodotti e un azienda alimentare senza innovazione di prodotto oggi non può competere sul mercato.
ci faccio i cocktails con i cranberry, non sono salutisti ma sono molto buoni
RispondiEliminaPerò c'è un'ambiguità, anzi due. La prima è che un trial clinico è una procedura tipicamente medica ed il prodotto che viene venduto non è un farmaco. Se io azienda presento all'EFSA una batteria di trials, di metanalisi, di revisioni sistematiche, in altre parole applico ad un alimento una filiera di ricerca che è farmaceutica. Questa ambiguità in un certo senso va risolta: o si riconosce che l'alimento è "inferiore" al farmaco (e quindi necessita di garanzie di efficacia "inferiori") oppure si permette la vendita di farmaci senza mediazione del medico.
RispondiEliminaLa seconda ambiguità è che quello che fa fede per EFSA è il materiale presentato dall'azienda. Se l'azienda presenta una documentazione parziale sono cavoli suoi. Dico questo perchè sul cranberry i clinical trials ci sono circa una decina e di discreta-buona qualità... forse è meglio se la prosima volta chiamano me come consulente ;-)
deliziosissimi!!!anche io ci do'dentro nei cocktail ;)
RispondiEliminaDal momento che ci vengono proposti come se fossero dei farmaci alcuni alimenti, indicando di tutto e di più, ritengo che sia giusto applicare lo stesso procedimento. Non sono un esperto ma credo che tra farmaci e alimenti, ci sono molte differenze
RispondiEliminaNel discorso complessivo sono d'accordo con Daniele Marchesi, c'è bisogno di una forma di controllo chiara (la mia idea sul rigore dell'EFSA a riguardo l'avevo espressa qui: http://meristemi.wordpress.com/2008/10/07/sorpasso-a-destra-sugli-health-claims/).
RispondiEliminaNel caso specifico, anche dopo aver letto tutto il materiale, resto comunque un poco perplesso. Il claim riportato da Gunther mi sembra corretto ed onesto rispetto a quello che la ricerca scientifica ha espresso sinora, dato che esprime una probabilità di efficacia in un contesto di prevenzione e di riduzione del rischio. Le informazioni disponibili sono senza dubbio perfettibili (l'azienda, ho controllato, ha presentato tutto quel che si sa ed ha quindi fatto bene il suo mestiere) ma se tutto fosse "farmacologicamente" perfetto potremmo ancora parlare di alimento?
O in altre parole, la differenza tra alimento, farmaco ed integratore alimentare è davvero solo nel claim?
vedo che sei sempre molto informato sulle notizie alimentari e scientifiche ed elargisci a tutti noi queste notizie...
RispondiEliminabaci
grazie meristemi di alzare il livello del mio blog, sicuramente se avessero avuto te come consulente sarebbe stato meglio, assolutamente no la differenza non sta solo nel claim, la cosa più divertente che è venuto fuori è che tutti conoscono il cranberry non per le proprietà "salutiste" ma perchè è un ingredienten del cocktail "cosmopolitan".
RispondiElimina@giuseppe e mirtilla ben tornati
@daniele ciao
@daniela i miei omaggi