In realtà dal primo luglio 2007, le indicazioni sulle qualità nutrizionali e informazioni alla salute pubblicate sulle etichette e sulle comunicazioni commerciali dei prodotti alimentari sono disciplinate da un ordinamento comunitario N. 1924/2006 e sua rettifica del 18/01/07 che avrebbe dovuto tutelare i consumatori e facilitare le scelte per favorire un tipo di alimentazione consapevole, ispirata dalle nuove indicazioni nutrizionali in ambito di prevenzione di malattie o sviluppo di patologie, ma l'applicabilità della norma è slittata, prevedendo notevoli eccezzioni e mancano strumenti di verifica ed è priva di severi strumenti sanzionatori.
Attualmente è in corso in collaborazione con Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare e Unione Europea la scrittura di una legge comunitaria entro il Gennaio 2009 più restrittiva che vedrà l'indicazione di parametri di riferimento certi per indicare che un prodotto per esempio è a "basso contenuto calorico" o "fonte di fibre" , sarà inoltre istituito un quadro d'informazioni di ricerche medico scientifiche consolidate sulle proprietà degli alimenti che serviranno da riferimento, in modo che ogni claim o informazione sia all'interno di questo quadro.
Un parere personale non è solo un problema di legge, perchè le norme ci sono, sono indubbiamente importanti, ma devono essere comprese, ma occorre anche un'applicabilità certa, sanzioni forti e una cultura maggiore da parte dei consumatori. Qualche esempio? E' sufficiente vedere l'elenco del Garante della concorrenza e dello Iap. Le tecniche per diblare le norme sono diverse e possono anche in qualche modo rispettare le norme, le più comuni sono :
A) applicata spesso a prodotti che hanno un ciclo di vita breve da un anno a tre anni massimo come alcuni alimenti funzionali. Si lancia un prodotto con un messaggio ambiguo falso o fuorievante, prima che qualcuno si decida a segnalare passa del tempo, può capitare anche che non ci siano segnalazioni a organi competenti, ora che si subisce un accertamento passa anche un anno o due e che si abbia una sentenza definità ancora di più, che arriva quando oramai il ciclo del prodotto è concluso e sul mercato il prodotto non c'è più, ma nella mente del consumatore rimane il claim e il messaggio fuorievante, il prodotto ha svolto la sua funzione sul mercato e ha esaurito il suo ciclo, i giornali della condanna non ne parlano, le sanzioni sono irrisorie, massino che ho visto 13.000 euro, che volete che sia per un azienda che fattura miliardi di euro all'anno è come una goccia nell'oceano!
B) quello più divertente è la dicitura "da utilizzare in associazione di una dieta varia ed equilibrata" oppure "associato ad una alimentazione equilibrata ed uno stile di vita sano"per paradosso questo è un metodo perfettamente riconosciuto e va bene per qualsiasi prodotto.
C) quello più furbo è invece quando un prodotto si appropria di una caratteristica nutrizionale di un suo ingrediente per esempio il kiwi ricco di vitamina C, la mia barretta al kiwi è ricca di vitamina C , ma non viene indicato quanta vitamica è presente nel prodotto e quanto consumarne per ottenere l'effetto positivo promesso sulla salute.
Una volta a ricorrere a questi mezzi erano aziende piccole anzi piccolissime in particolare di "integratori alimentari"che promettevano di perdere peso, oggi queste tecniche sono divenute patrimonio di aziende leader di mercato. La responsabilità è solo delle aziende o anche dei consumatori che sono alla ricerca di "elisir" che promettono lunga vita, super salute, immortalità e bellezza?