venerdì 14 dicembre 2018

Siamo ancora capaci di mangiare insieme?

Per le festività di Natale ho deciso di riunire la mia famiglia intorno al tavolo, non so fin a quando le mie bimbe ottantenni e novantenni ci faranno compagnia, inoltre volevo dare ai miei nipoti quel calore quel senso della tradizione della famiglia e delle feste.

Quando si è nonni si sente di più la responsabilità di trasmettere valori e tradizioni, in modo che quel piccolo patrimonio immateriale familiare non si perda. Quando io ero bambino si metteva in tavola quello che si aveva e che si teneva da parte e si custodiva per le feste.

L'esperienza della tavola di Natale era un occasione per provare cosa nuove e per mangiare prelibatezze che sono una volta all'anno finivano in tavola, c'era il piacere di condividere insieme qualcosa di speciale nel gusto. 

Oggi abbiamo una società differente, con dei consumi opulenti, dove si possono scegliere prodotti alimentari che provengono da tutto il mondo, una società multietnica e multiculturale che mi pone in una grande difficoltà con la scelta del menù di pranzo di Natale 

Come potrò fare convivere un vegano, un seguace della dieta paleolitica, un intollerante al lattosio, un intollerante al glutine, a mia cognata che segue un regime chetogeno? (l'anno scorso era pescetariana e l'anno prima crudista) In particolare come posso farli convivere con un menù tradizionale delle feste? Siamo in 22, posso mica preparare 22 piatti diversi? Voi come fate? Si accettano suggerimenti (leciti e legali) di qualsiasi natura….

Mia figlia 26 anni mi dice "Papà non c'è problema ordiniamo con le app on line" ma amore di figlia mia li ho invitati il mese scorso, cosa gli dico? Che in un mese non avuto tempo di preparare da mangiare?

Ho proposto un buffet self service le bimbe (ottantenni) mi hanno detto ma cosa abbiamo fatto di male per meritarci un buffet a Natale? Alzarci e prenderci anche da mangiare ma che Natale è?



Ne hanno tutti una, quella che non vuole l'aglio, quella che non vuole la cipolla, quella che non vuole lo scalogno, chi non vuole il formaggio, quello che se vede un oliva sviene, quella che ha problemi con il sedano, ogni tanto mi chiedo se siamo una famiglia normale perché detta cosi sembriamo una famiglia d'Ospedale (Psichiatrico). 

Tuttavia mentre su un foglio di carta facevo e disfacevo menù, mi sono chiesto nella società d'oggi siamo capaci di condividere un pasto insieme?

Si può essere familiari e avere uno stile di vita alimentare diverso? Perché il senso della famiglia è anche lo stare a tavola, come ci può convivere con l'individualismo crescente delle scelte alimentari con una condivisione del pasto in particolare del pasto di Natale?

Ci sono coloro che vivono in restrizione alimentare per motivi religiosi, coloro che "soffrono" di intolleranza alimentari o allergie, sono ben accette ma non semplificano la cucina di un padrone di casa, ci sono poi coloro che seguono dei regime o delle diete molto selettive, più dettate mi sembra da una rivendicazione simbolica d'identità, come se ogni persona custodisce la sua identità alimentare.


Una volta la tavola accomunava oggi la tavola divide?

Ci sono tante interpretazioni sociologiche che cercano di spiegare il fenomeno, tutte interessanti, si va dall'edonismo alimentare estremo portato dall'industria alimentare americana figlio del protestantesimo a coloro che indicano che la politica si è spostata dalla strada alla tavola, condivisibile o meno, non mi risolvono il problema.

Quello che io mi auguro e che mi piacerebbe è che il Natale sia occasione per riscoprire quando sia bello stare insieme condividere la tavola al di là della religione e delle scelte personali.

Se per caso qualcuno vi porta in tavola un cappone ripieno di castagne o qualsiasi altra pietanza che non gradite, fate buon viso e cattivo gioco almeno una volta all'anno con tutto quello che si mette in tavola a Natale, qualcosa che va bene la troverete no?

mercoledì 5 dicembre 2018

Noto pasticcere vince causa diffamazione per una critica negativa on line

Un brutto precedente per le recensioni on line. Da un po' di tempo più locali hanno manifestato l'intenzione di censurare la libertà d'opinione che viene espressa dai clienti dopo un servizio. Sono tanti i segnali che arrivano da tutto un sistema creato ad hoc per non fare in modo che gli utenti possono esprimersi in libertà sui diversi social network.

Quando si diventa personaggi pubblici si può essere sia elogiati che criticati, la ritengo una cosa perfettamente normale, a qualcuno saremo simpatici a molti altri antipatici, a qualcuno piacerà la nostra cucina ad altri meno, alcuni troveranno dei piatti gradevoli altri dei piatti non gradevoli, il gusto è personale e soggettivo.

Pensiamo ai giocatori di calcio, tra giornali, televisione e web ne dicono di tutti i colori sul loro conto, se per ogni persona che esprime un'opinione o una critica negativa dovessero fare causa, dovremmo importare avvocati da tutto il mondo.

Chi è troppo suscettibile alle opinioni altrui non deve fare il calciatore, aprire un ristorante o una pasticceria ma andare a fare l'impiegato del catasto.

Io stesso nel mio piccolo in questo blog ricevo critiche negative, forse sono più le critiche negative che positive ma mai mi sono sognato di istituire un processo per diffamazione per gli insulti o le critiche, a volte mi hanno fatto arrabbiare, a volte ho compreso che avevano ragione, perché non avevo compreso la problematica e mi ha dato modo di rivedere la mia posizione.


Le critiche servono anche a crescere a comprendere meglio cosa il pubblico si attende dalla nostra prestazione di servizi e che non abbiamo preso in considerazione.

In più di un'occasione sono stato chiamato per comprendere perché locali anche di una certa fama hanno iniziato a incassare meno.  Chi offre un servizio non riesce ad avere un punto di vista  distaccato sulla propria attività.

Spesso chi subisce una critica negativa di qualsiasi settore, risponde sostenendo che è un imprenditore e che paga lo stipendio a tante persone,  questo però non ha nulla a vedere con la qualità del servizio attesa dal cliente.

Un conto è il rapporto con i propri subordinati, un conto è il rapporto con i clienti che non sono subordinati.

Quando una pasticceria si pone al top a livello di prezzo (55 euro al Kg.) le aspettative su gusto e servizio sono alte, anzi molto alte. Non tutti hanno la cultura, l'esperienza e la professionalità per comprenderne il valore  e proprio per questo la comunicazione del locale dovrebbe affiancare il servizio per dare a tutti la possibilità di comprendere tutto quel valore che si vuole trasmettere.

Se le critiche negative sono molte e questo non arriva a tutti i clienti bisogna porsi delle domande e darsi delle risposte piuttosto che andare in tribunale.

Un cliente insoddisfatto è una perdita per qualsiasi azienda, un cliente insoddisfatto lo comunica ad altri dieci clienti, che lo comunicheranno ad altri dieci generando una catena d' opinioni negative.

Il web forse amplifica questo fenomeno ma lo rende anche più trasparente in modo che l'azienda ha la possibilità d'accorgersi in tempo e trasformare l'opinione negativa in positiva in tempi molto più brevi.

Personalmente ho avuto la fortuna di conoscere coloro che mi avevano criticato e avere uno scambio d'opinione, è stato una bella esperienza. Con qualcuno non andrò mai d'accordo, posizioni troppo distanti. Qualcuno mi ha insegnato qualcosa e con qualcuno dopo una bella discussione siamo andati perfino a mangiare e bere insieme.

Sintesi

Una volta c'era un bel cartello esposto nei luoghi pubblici con scritto "Il cliente ha sempre ragione".

Comunque tornate alle vecchie abitudini quando andate in una pasticceria e non vi trovate bene, non tirate il piatto e il dolce in testa al pasticcere come meriterebbe visto il prezzo, ma diffondete a voce quanto vi siete trovati male, che lo replicheranno ad altri ed altri ancora, lui perderà i clienti e voi non rischierete d'essere citati per diffamazione per quello che avete scritto.

E se proprio vi sembrerà negativo potete fare una bella denuncia alla ASSL e anche ai Nas carabinieri.

Che dite questo pasticcere si è fatta una bella pubblicità? 

lunedì 3 dicembre 2018

Danone 1919, un passo indietro e due avanti

Da qualche tempo è sul mercato Danone edition 1919, al momento sui mercati di Spagna e Francia. Ufficialmente per festeggiare 100 anni, un edizione limitata ma che invece secondo il mio modesto parere, potrebbe indicare un nuovo corso della multinazionale dello yogurt.

Dopo alcuni anni avari di novità e di successi con le nuove proposte di yogurt o latti fermentati, in un mercato sempre più ricco di competitors, Danone ha continuato la sua attività con i marchi datati di Activia, Danacol e Actimel.


Con questa iniziativa Danone fa un passo indietro nel senso che decide di recuperare il passato, la semplicità del gusto e della preparazione.

Si tratta di solo yogurt da latte intero sulla falsa riga della ricetta del primo yogurt prodotto nel 1919 con aggiunta di zucchero 7,7% , in versione bianco o d'aroma naturale come vaniglia, fior d'arancio, mandorla e limone.


Uno yogurt compatto, come vedete dalle foto, di cui si era perso la traccia, oggi si producono più yogurt cremosi, oramai la parola yogurt compatto è più comunemente associato allo yogurt greco ma che invece è uno yogurt colato, due lavorazioni diverse.

Un iniziativa interessante che si pone come alternativa allo yogurt greco e allo yogurt cremoso, che risponde alla domanda di un prodotto, più semplice e meno complicato.


Danone recupera anche la territorialità, solo latte del paese di commercializzazione in questo caso mercato Francia, yogurt con latte dei produttori francesi, mercato Spagna, yogurt con latte di produttori spagnoli.

Strategia corretta anche nel prezzo, non si pone come top del mercato ma in linea con gli altri prodotti presenti sui mercati, un prezzo più che competitivo.


In passato ho criticato le scelte di Danone in particolare dello yogurt ricco di calcio per le ossa (Danaos), lo yogurt che faceva diventare belle (Danone Essensis) e lo yogurt colato alla greca (Danio, Oikos), quest'iniziativa va in una direzione contraria che fa recuperare identità.

Più che il prodotto, si può ancora migliorare qualcosa, è la strategia di marketing questa volta che è più interessante o per lo meno se ci voleva confondere questa volta c'è riuscita benissimo.


domenica 2 dicembre 2018

Ci vorrebbe più sale che zucchero nelle notizie

Non per fare polemica, non per fare quello che ve lo avevo detto io, che fa molto papà e anzi nonno oramai.

Oggi il Corriere della Sera riporta lo studio del British Medical Journal sulla quantità di zucchero presente nello yogurt, se posso permettermi con la stessa modalità i lettori di questo blog nel 2011 erano gia stati informati di questo problema della trasformazione dello yogurt in un vero e proprio dessert.

Siccome lo studio pubblicato sul BMJ e l'articolo pubblicato non aggiungono nulla di più e nulla di meno, non c'è bisogno d'ispirarsi o copiare e incollare i contenuti, si può benissimo produrre i contenuti in italiano, visto che on line già ci sono.

Sia ben inteso non ho alcun merito chiunque poteva farlo, bastava fare solo due passi al supermercato.

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