mercoledì 20 dicembre 2017

L'Italia del rancore e dei Ferrero Rocher

La pubblicità dei Ferrero Rocher. in questi giorni mi ha fatto molto riflettere sui temi d'attualità evidenziati dal 51° rapporto Censis sull'Italia.

Ho osservato un cambiamento di strategia della comunicazione di Ferrero per questo Natale, si è passati dall'arroganza dei spot della Prima Colazione e di Buongiorno Italia, alla ricerca d'empatia di "nutella come te non c'è nessuno".

Uno spot che ho molto apprezzato è stato quello del Mon Cheri, moderno con le ultime raffinate tecniche di montaggio, una rivoluzione per un marchio come Ferrero che propone sempre pubblicità poco innovative.

Quello che mi ha fatto riflettere sono i spot Ferrero Rocher  "La luce del borgo ". Una serie di spot che per sviluppare empatia utilizza i nuovi linguaggi dei social network, storie d' amiche che si rivedono, di compagni che si ritrovano, di ragazzi che tornano al paese d'origine e aprono un agriturismo, ma forse troppo in sottofondo ci sono le storie di chi abbandona il paese per la mancanza d'opportunità, storie che però nella realtà non sono a lieto fine ma ...

All'inizio del mese di Dicembre nel 51° rapporto sociale del Censis  ha pubblicato i dati della statistica di ogni anno, si parla d'Italia del Rancore, dove la maggior parte dei giovani parte deve trasferirsi alla ricerca di lavoro Nord Italia ed estero, il 30% dei giovani dai 18 ai 29 anni, sono inattivi, non studia e non cerca un lavoro talmente alto è il pessimismo nei confronti del futuro.

In quanto inattivi nemmeno sono considerati nelle statistiche dei disoccupati ma in realtà lo sono, non voglio fare polemica ma i redditi di cittadinanza sono poco applicabili perché basta avere una casa eredità da un nonno in Italia molto comune e da un genitore con 500 euro di pensione dall'essere esclusi dal reddito di cittadinanza.

Una legge frutto della politica del miraggio nel deserto, tante parole pochi fatti sono certo che tutti più che un reddito di cittadinanza, sarebbero più felici d'avere un lavoro su cui contare.


Nel 2016 sono stati 114.512, i cittadini italiani che hanno richiesto la residenza all'estero, triplicati rispetto al 2010 (39.545).  Il dato importante è che andare andare via sono i cittadini attivi in particolare i giovani che rappresentano il futuro.

Il ricambio generazionale non viene assicurato e il Paese invecchia: gli over 64 anni superano i 13,5 milioni (il 22,3% della popolazione)., le previsioni annunciano oltre 3 milioni di anziani in più già nel 2032, quando saranno il 28,2% della popolazione complessiva.

La città di Londra in quanto comunità d'italiani potrebbe essere inserita tra le dieci maggiori città italiane.

Questo per spiegare in termini numerici il fenomeno, la politica fa crescere l'attenzione sugli immigrati mentre in realtà l'Italia rimane un paese d'emigranti, fenomeno a cui la politica non presta alcuna attenzione, che oggi diversamente da ieri sono colti, laureati e molto preparati.

Ricordo qualche settimana indietro d'avere conosciuto una famiglia italiana a Monaco di Baviera, alla mia domanda se volevano tornare in Italia, mi dissero che non avevano alcune intenzione di pensarci, un paese che non ci ha voluto e che non ci ha dato opportunità. Rimasi un po' male della loro risposta.

Pure ben comprendo le buone intenzioni di Ferrero, c'è qualcosa che non mi convince in tutta questa nostalgia, la storia dell'antico borgo mi ricorda molto la favola del mulino bianco.


Ci sono un po' troppo stereotipi dell'Italia, come nel film la Grande Bellezza di Sorrentino, non è tutto oro quello che luccica, perché una domanda una solo domanda bisognerà anche chiedersela perché l'emigrazione cresce di nuovo al ritmo degli anni 60?

Se l'Italia è il paese dove va tutto bene, dove si vive bene, dove si mangia e si beve bene, perché  si scappa?

Il sogno d'avviare un agriturismo in Italia, un idea da anni '80, se i 114.000 italiani che nell'ultimo anno si sono trasferiti all'estero avessero aperto un agriturismo, avremmo più posti in agriturismi che Ferrero rocher!

L'incremento della domanda turistica in Italia non è dovuta a una maggiore competitività ma al clima di terrorismo internazionale che condiziona il mercato e che spinge ad evitare le mete di Marocco, Tunisia, Egitto, Spagna, Grecia, Francia, Belgio, questa nuova domanda turistica è debole e poco affidabile per costruirci un futuro.

Sintesi:
Aziende italiane o per lo meno che si vantano d'essere tali solo sulla carta, abbiate un maggiore senso di responsabilità, meno spot e più investimenti in Italia, visto che il settore del food ha tanto successo all'estero perchè le aziende chiudono o aprono altrove? La stessa Ferrero ha più impianti produttivi all'estero che in Italia.

Di questi giorni la notizia della Melegatti, quelli che hanno dato il via al pandoro industriale, lavoratori in cassa integrazione che non sanno se arriveranno a Pasqua.

Lo spot sentimentale dei Ferrero Rocher è un po' come dire "deviante" "che sposta l'attenzione", della politica dove va tutto bene, da paese di sogni e balocchi molto diverso dai dati reali del rapporto espresso del Censis,.

Credo che sia come azienda che come pubblicità per dei cioccolatini avrebbe dovuto portare per Natale altre argomentazioni.

NB: Per tutti quelli che passano di qui nei prossimi giorni, auguri di Buon Natale, emigro anch'io, sarò nei Paesi Bassi a trovare mia figlia e miei nipotini.

mercoledì 13 dicembre 2017

Il cioccolato fa bene o fa male al fegato?

Andrea M., Lodi Vecchio : Il cioccolato fa bene o fa male al fegato?

Nel periodo della feste di Natale c'è il maggior numero di vendite di prodotti al cioccolato, per sostenere questo momento si moltiplicano i pubbliredazionali sui media che hanno come tema il cioccolato.

Come sempre scrivo nessun alimento è miracoloso ma un alimentazione equilibrata unita ad un buon movimento fisico aiuta a mantenere il fisico in buona salute.

Anche il cioccolato può entrare in un alimentazione equilibrata, tuttavia bisogna fare un distinguo per frequenza di consumo e quantità, se si tratta di un consumo occasionale, di un consumo quotidiano, di un consumo frequente durante il giorno o di una vera e propria dipendenza.

In Italia il consumo medio individuale di cioccolato è di circa 4 kg all’anno, in Europa è il decimo paese per consumo individuale, il primo paese è la Svizzera seguito da Danimarca, Regno Unito, Belgio, Finlandia, Germania e Francia.

Il cioccolato fondente in Italia in tutte le sue declinazioni e composizioni rappresenta il 40% degli acquisti; seguono il cioccolato al latte e il cioccolato bianco.

Quest'ultimo dato che può sembrare insignificante e invece molto importante proprio in relazione alla salute del fegato.


Questo perché il cacao ha una buona percentuale di contenuto d'antiossidanti, proprio recentemente uno studio condotto dal Prof. P. Sogni e Patrizia Carrieri, su 990 soggetti in cui la funzionalità epatica è limitata, a causa di un'infezione virale (HIV, epatite C), ha messo in evidenza che il consumo quotidiano di cioccolato è associato nel 40% dei casi al un minore rischio di valori anormali degli enzimi epatici.

Questo riguarda solo il cioccolato fondente che contiene la più alta percentuale di cacao cioè il 70% di cacao (in etichetta pasta di cacao) mentre il cioccolato bianco e il cioccolato al latte hanno poco contenuto d'antiossidanti (in etichetta il cioccolato al latte ha meno contenuto di pasta di cacao rispetto al cioccolato fondente mentre il cioccolato bianco ha solo burro di cacao)

L'effetto positivo è da attribuibile ad alcuni polifenoli contenuti nel cacao, in particolare l'epicatechina .

I benefici del cioccolato nero veicolato dalle molecole del cacao sembrano coinvolgere oltre che il fegato anche il sistema cardiovascolare e celebrale.

Tuttavia bisogna sempre considerare l'apporto calorico del cioccolato fondente 100 g di cioccolato apportano in media 530 kcal. rimane un alimento ricco, di cui è meglio non abusare.


Un attenzione particolare  a coloro a cui è stato diagnosticato una steatosi epatica, in parole semplici un fegato grasso, un disturbo che viene sempre più spesso associato all'obesità.

Questo sovraccarico di grasso anormale del fegato colpisce circa il 25% della popolazione mondiale (il 23% in Europa) che preoccupa sempre più specialisti.

Le cause sono diverse e non sempre note anche se molte ricerche associano il fegato grasso a una dieta squilibrata, troppo calorica, troppo grassa e una vita troppo sedentaria, il corpo diventa meno sensibile all'effetto regolatore dell'insulina. L'energia in eccesso viene immagazzinata come grasso il cui accumulo addominale è particolarmente pericoloso per l'equilibrio metabolico.

Tutti coloro che hanno un fegato grasso hanno l'insulino-resistenza. Quando la resistenza all'insulina è elevata, questo grasso addominale inonda il fegato di lipidi.

Avere un fegato grasso non è una malattia ma è fattore di rischio importante per le patologie cardiovascolari, diabete e tumori.


Sintesi: all'interno di una dieta equilibrata con movimento fisico per rimanere in buona salute può trovare anche posto un quadratino di cioccolato meglio se fondente.
Ad essere più dannosi per il fegato per quantità e frequenza di consumo sembrano essere il cioccolato al latte e il cioccolato bianco con più grassi che possono favorire male di testa, nausea e qualche volta perfino un leggero dolore addominale.
Tuttavia in caso di steatosi epatica un invito alla moderazione anche se il cioccolato fondente è ricco d'antiossidanti rimane un prodotto calorico e ricco di grassi che non sempre si concilia con una dieta  ipocalorica.



mercoledì 6 dicembre 2017

Il frutto del futuro: il fico d'india

Capita spesso sui media di leggere i cibi del futuro si va dalla carne sintetica o meglio artificiale (non mangio quella normale figuratevi quanto m'invoglia quella sintetica) agli insetti, ai frutti da piante OGM. Saranno questi i cibi del futuro?

Personalmente seguo altre fonti come la Fao ( l'Organizzazione delle Nazione Unite di Food e Agricoltura), che da diversi anni studia alcune varietà locali di frutta, verdura e cereali che meglio potranno adattarsi alle nuove condizioni ambientali che il pianeta potrà avere nei prossimi anni.


Si sono concentrati su alcune varietà che possiamo chiamare dimenticate o meglio sottoutilizzate nonostante abbiano eccezionali qualità nutrizionali e di gusto.

Piante che oltre ad adattarsi alle nuove condizioni climatiche potrebbero avere un buon potenziale commerciale e essere un eccellente fonte di guadagno per un contadino con un piccolo appezzamento di terra o per un'azienda agricola familiare.

Lo scorso mese è stato pubblicato un fascicolo sul Fico d'India, meglio conosciuto botanicamente come opuntia ficus-indica.


L'esperienza della Fao si basa sulla grave siccità che ha colpito il Madagascar nel 2015, il fico d'india è stata un pianta che ha dimostrato di essere una fonte di cibo, di foraggio e d'acqua per la popolazione e gli animali.

Il Fico d'India è un arbusto o meglio albero che varia in media da 1,5-3 m di altezza. I rami (cladodi) sono appiattiti e di colore grigio-verde. I fiori sono gialli e i frutti variano dal giallo al rosso e al viola e contengono piccoli semi che di solito vengono consumati insieme con la polpa del frutto.

Il Fico d'India è un'importante coltura alimentare nelle aree aride. I frutti possono essere consumati freschi, o trasformati in sciroppi e marmellate, mentre i rami vengono puliti e cotti come verdure in stufati e insalate ( ho apprezzato qualche tempo fa la ricetta della nostra amica blogger Rossella di Salsapariglia con le sue Pale di fico d'india saltate ). 

I rami sono anche usati come foraggio per il bestiame, sia come foraggio fresco o immagazzinato come insilato.


Per il suo alto livello di tolleranza alla siccità, all'aumento delle temperature e al degrado del suolo, le coltivazioni di fico d'India si stanno sviluppando in molti paesi, vengono perfino piantati ai margini dei terreni come barriera contro il vento.

Secondo gli agronomi il Fico d'India contribuisce a migliorare la qualità del suolo, in particolare per le coltivazioni d'orzo e potrebbe secondo una nuova ricerca contribuire in parte a limitare le emissioni di gas serra in quando riduce la metanogenesi dei ruminanti quando viene integrato nel foraggio degli animali.


La coltivazione dei fichi d'India sta gradualmente guadagnando terreno in Messico, dove è originario, il frutto ha raggiunto più di 80.000 ettari di coltivazione di questi 10.000 per la sola alimentazione umana, è stato stimato che in Messico il consumo medio pro capite è di 6,4 kg all'anno.

Dopo il Messico è il Perù la nazione con più di 40.000 ettari di coltivazione di fichi d'India, seguito dal Brasile, dove viene usato come foraggio per gli animali, è anche coltivato in Stati Uniti, diversi paesi che si affacciano sul mare Mediterraneo (Spagna, Italia, Grecia, Malta, Tunisia), Angola, Kenya, Etiopia e Sudafrica.

Dal punto di vista nutrizionale il Fico d'India, è ricco di acqua ideale per rinfrescarsi durante l'estate, contiene una discreta quantità di fibre, utile per favorire il transito intestinale.

Come la maggior parte della frutta è ricco di vitamina A e vitamina C, con un discreto potere antiossidante, si distingue anche per il contenuto di Magnesio.

Il consiglio è di mangiarli quando sono maturi e dolci per apprezzarne meglio il sapore.

Oltre al Fico d'India l'attenzione della Fao sull'agricoltura del futuro si sta soffermando su alcune piante come la Moringa, Panico Indiano (eleusine coracan), Amaranto, Cardo, Vigna Subterranea (Bambara Groundnut), Grano SaracenoPachyrhizus, di cui spero di potere parlare nel prossimo futuro.

Questo post serve per concludere il post precedente sull'agricoltura del futuro non sarà solo importante che tipo di agricoltura scegliere ma che cosa produrre visto le mutate condizioni ambientali.

Fonte delle notizie: Fao