Qualche giorno prima di Natale due notizie hanno acceso polemiche sui media, apparentemente sono due notizie diverse, nella realtà sono due facce della stessa medaglia: il lavoro.
Il Ministro Italiano un certo Poletti, che non avevo mai sentito prima, sui giovani che vanno a lavorare all'estero, dice "è meglio non averli tra i piedi".
Dichiarazione alquanto infelice, vergogna nessuna speranza di dimissioni, come Renzi non fece dimettere la Ministra Lorenzin e queste cose gli elettori non le dimenticano, mio caro Poletti e mio caro Gentiloni.
L’azienda Barilla una multinazionale alimentare con produzione oltre che in Italia in Grecia, Turchia, Usa, Messico, contestano il decreto che vuole rendere obbligatorio l’indicazione in etichetta dell’origine della materia prima per la filiera del grano e della pasta.
L’azienda sostiene che l'origine grano italiano non è sinonimo di qualità del prodotto pasta.
Dai fasti degli anni '80 alla vendita delle aziende simbolo del Made in Italy
Torniamo indietro di qualche anno, qualcuno ricorda gli anni '80 in cui l'abbigliamento Made in Italy porta l'industria italiana al centro del mondo, un sinonimo di qualità, di gusto, d'arte del lavoro. Tutto veniva prodotto in Italia dal disegno dei tessuti, allo studio dei modelli e alla realizzazione nelle sartorie.
Dagli anni '90 inizia l'epoca della delocalizzazione industriale. Le aziende spostano tutte le fasi del lavoro all'estero mantenendo in Italia solo la progettazione delle collezioni.
Nel giro di pochi anni la moda italiana non è più leader del mercato, perde quel valore aggiunto che era il risultato di tutta la filiera dal tessuto al vestito, la delocalizzazione ha di fatto cancellato la filiera di produzione, ha disperso l'esperienza e la conoscenza e oggi il settore arranca.
Ora sembra che questo percorso tocchi al settore alimentare, nonostante si è cercato di fare ricorso ai marchi Dop e Doc per vincolare le aziende al territorio o meglio per vincolare la filiera di produzione al territorio.
Con il bene placito di leggi e norme non sono poche le aziende che spostano le lavorazioni in altri paesi, famosi i casi di un azienda di confetture che produce all'estero nei paesi dell'est, salumi in Slovenia e Ungheria, mentre pochi sanno che è il Brasile il più grande produttore di Panettoni.
Emigrazione grande amarezza
In un momento in cui tutto quello che è italiano dal punto di vista alimentare è considerato un prodotto di qualità, come mai n Italia si è tornati ad emigrare come negli anni '20? Il settore alimentare non genera occupazione? Non viene fatto in Italia?
Il fenomeno dell’emigrazione italiana degli ultimi anni è talmente esteso che la comunità d'italiani a Londra è grande quanto il numero degli abitanti della città di Verona, così Londra potrebbe essere classificata tra le principali città italiane.
Io che ho mia figlia e due nipotini nei Paesi Bassi, nel piccolo paese dove vive, ho conosciuto i gestori del bar del paese una famiglia originaria della provincia di Pescara, grazie ai quali ho avuto la possibilità di conoscere comunità italiana d’emigranti.
Più che un sentimento di nostalgia verso il proprio paese, c’è amarezza, un senso d’esclusione, si sentono messi da parte, non solo per la distanza ma dal punto di vista legale.
Chi non c’è ha sempre torto, cosi sono stati privati legalmente anche di terre e case nei paesi d'origine, certo avevano solo un valore affettivo ma si sono sentiti espropriati del valore d'identità culturale e della loro memoria storica.
Importanza della filiera produttiva che genera valore economico
Barilla è una multinazionale e difende il suo interesse, molto probabilmente sulla qualità della farina e del grano prodotto in Italia oggi, ha forse anche ragione. Questo è accaduto perché è stata cancellata quella che era la filiera di coltivazione e produzione dei cereali tra cui il grano.
Anche se negli ultimi anni c'è stata una riscoperta della coltivazione del grani in particolare di quelle varietà che si pensavano perse e che piccoli produttori sono tornati ad coltivare di nuovo.
Anche se negli ultimi anni c'è stata una riscoperta della coltivazione del grani in particolare di quelle varietà che si pensavano perse e che piccoli produttori sono tornati ad coltivare di nuovo.
Se Made in Italy è un marchio e un valore, questo deve essere utilizzato solo per prodotti che si producono in Italia, non che producono aziende italiane all'estero.
Estenderei anche l'obbligo di una una buona percentuale di prodotto con materia d'origine italiana, altrimenti non si sviluppa ricchezza nel paese, non tutto si produce in Italia ma bisogna difendere l'origine della materia prima e del luogo di produzione.
Se un azienda Italiana o una multinazionale vorrà produrre all'estero liberissima di farlo ma che versi un' indennità, perché fare un prodotto riconosciuto come italiano all'estero è un danno sia economico che sociale, vuole dire meno occupazione, meno tasse con la conseguenza: d'avere aziende ricche e italiani poveri.
Qualcuno dirà ma non si produce abbastanza grano in Italia, è vero ma questa non è una ragione per utilizzare solo ingredienti che provengono dall'estero. Allora bisogna differenziare il prodotto italiano fatto in Italia con ingredienti che arrivano dall'estero e quello fatto con ingredienti d'origine italiana.
Questa segmentazione non basta bisogna aggiungere i prodotti della tradizione italiana realizzati da aziende italiane all'estero o da aziende non italiane con ingredienti non italiani (come nella foto la pasta spaghetti e vermicelli fatta in Turchia e Tunisia).
Questa segmentazione non basta bisogna aggiungere i prodotti della tradizione italiana realizzati da aziende italiane all'estero o da aziende non italiane con ingredienti non italiani (come nella foto la pasta spaghetti e vermicelli fatta in Turchia e Tunisia).
Facciamo l'esempio dello yogurt greco, tutte le aziende multinazionali fanno yogurt greco, tutte fanno vedere l'immagine delle isole greche del sole e del mare, non c'è nulla di greco in quel prodotto, alla Grecia non arriva nemmeno un centesimo d'euro, ma tutti ne sfruttano la fama, pensate i greci come sono contenti, bisogna fare in modo che non accade questo anche in Italia.
Sintesi
Al Ministro Poletti si ricordi che deve essere Ministro di tutti gli italiani anche quelli che vivono all'estero e non li raccomanda nessuno.
Barilla mi auguro che investi anche in Italia, se ritiene che pasta con grano italiano non sia sinonimo di qualità, punti la comunicazione solo sul marchio Barilla eliminando qualsiasi riferimento all'Italia e alla tradizione alimentare italiana, per amore del cielo nessuno italiano vuole danneggiare l'immagine di Barilla ci mancherebbe altro.
Quello che genera la ricchezza in un paese non sono le aziende multinazionali ma quando la filiera di produzione o per lo meno la maggior parte è tutta nello stesso paese, crea economia sul territorio e nello stesso tempo rende un prodotto unico e non replicabile, altrimenti diventa un prodotto realizzabile ovunque e perde valore, la Coca Cola e lo Yogurt Greco si possono fare dappertutto il Parmigiano Reggiano e il Brunello di Montalcino speriamo di no.
NB Auguri di Buon Anno 2017, aprirò con un post più simpatico il nuovo anno cosi non rimpiangeremo il vecchio