venerdì 29 novembre 2013

Le erbe aromatiche possono ridurre le malattie dell'invecchiamento come Parkinson e Alzheimer?

Emanuela U. R.: Ho letto da più parti che le erbe aromatiche possono contribuire a ridurre le malattie dell'invecchiamento come il morbo di Parkinson o l'Alzheimer, secondo te?

La maggior parte degli studi sulle proprietà delle erbe aromatiche nelle malattie degenerative sono condotti nei paesi asiatici, dove per cultura e tradizione viene data una maggiore rilevanza alle erbe e ai preparati d'origine naturale.

Dal punta di vista teorico la gamma diversificata di nutrienti bioattivi presenti in prodotti naturali come frutta, verdura, erbe aromatiche, potrebbero giocare un ruolo fondamentale nella prevenzione e cura di varie malattie neurodegenerative  come la malattia d'Alzheimer, il morbo di Parkinson ed altre disfunzioni neuronali. 

Le diverse evidenze accumulate sembrano condurre sull'ipotesi che fito-composti naturali, come gli antiossidanti polifenolici (Flavonoidi) presenti in frutta, verdura, erbe e noci potrebbero ostacolare la neurodegenerazione, migliorare la memoria e la funzione cognitiva. Secondo però alcuni ricercatori la biodisponibilità di queste sostanze è piuttosto bassa ed i risultati positivi degli studi stentano ad arrivare .


Il morbo di Parkinson e le erbe aromatiche
Il morbo di Parkinson è un malattia degenerativa del sistema nervoso centrale, la patogenesi del morbo rimane complessa e i trattamenti sembrano ancora essere clinicamente insufficienti.

La ricerca di stabilire dei fattori o modalità di prevenzione e di sviluppare nuovi farmaci, ha portato a rivalutare i prodotti naturali come erbe medicinali e i loro ingredienti bioattivi.  In molti paesi le medicine tradizionali a base di erbe sono utilizzate per prevenire o curare malattie neurodegenerative, sono stati sviluppati nutraceutici e alimenti funzionali, tuttavia i risultati negli studi sono stati contraddittori .


La malattia di Alzheimer e le erbe aromatiche
La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza senile osservata nella popolazione generale, è definibile come un processo degenerativo che pregiudica progressivamente le cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l'individuo che ne è affetto incapace di una vita normale.

Durante questi ultimi tempi , le erbe hanno guadagnato molta popolarità come integratori a causa del costo-efficacia, facile reperibilità, basso costo e meno effetti collaterali.

Diversi studi epidemiologici hanno proposto delle correlazioni tra Alzheimer e la dieta, ma i risultati sono alquanto deboli e si fa fatica a dimostrare le vitamina C o la vitamina E siano in grado di prevenire o tirardare lo sviluppo della malattia.

Mentre è stato dimostrato che l'obesità, il diabete, l'ipertensione, l'ipercolesterolmeia sono fattori a rischio di svluppare la malattia. 


La teoria degli antiossidanti di menta e rosmarino per contrastare i radicali liberi nel cervello

Siamo in una società in cui la media età aumenta , le malattie neurodegenerative come la malattia l'Alzheimer o il Parkinson stanno diventando sempre più importanti . I ricercatori stanno lavorando duramente per sviluppare trattamenti che siano in grado sia di prevenire che di curare o per lo meno rallentare l'evoluzione.

Secondo alcuni ricercatori dell'Università di St. Louis, Missouri, una carenza di antiossidanti unita ad un aumento di radicali liberi nel cervello, potrebbe condurre allo sviluppo di malattie neurodegenerative. Così  hanno voluto verificare se l'eventuale somministrazione di ricavati dalla menta e rosmarino (antiossidanti) potevano limitare lo sviluppo e l'evoluzione di  queste malattie.
I risultati sono stati presentati a Neuroscience 2013 a San Diego ( Stati Uniti) .

In questo studio i ricercatori hanno fatto assumere alle cavie estratti di acido carnosico e acido rosmarinico , due composti antiossidanti che si trovano nelle foglie di rosmarino e menta . Dopo 90 giorni hanno misurato le capacità cognitive delle cavie e hanno determinato che la supplementazione di antossidanti della menta e rosmarino ha migliorato la memoria e l'apprendimento e contemporanemaente il cervello delle cavie ha  mostrato una diminuzione della concentrazione di radicali liberi.


Difficile trarre conclusioni
Questo studio, ma anche altri sembrano suggerire che certi antiossidanti presenti nelle erbe aromatiche possono migliorare l'attività cerebrale e che forse è possibile ridurre il rischio di sviluppare una malattia neurodegenerativa come l'Alzheimer.

Bisogna però precisare che rimangono ancora sconosciute le cause di queste malattie, che è difficile equiparare i risultati ottenuti sulle cavie sugli esseri umani, dal momento che non siamo in grado di dire la quantità che un uomo dovrebbe assumerne per avere lo stesso effetto dello studio, pertanto non si può affermare con certezza assoluta che le erbe aromatiche possono aiutare a prevenire le malattie neuro degenerative.

Una possibile prevenzione indiretta
Questo non vuole dire che le erbe aromatiche non siano utili nell'alimentazione di tutti i giorni, perchè permettono grazie al loro sapore e profumo di adoperare meno grassi e meno sale in cucina, questo indirettamente dovrebbe facilitare a seguire meglio una dieta ipocalorica e a tollerare meglio alcuni schemi alimentari per il diabete e per le malattie cardiovascolari e in qualche modo apportare benefici nella prevenzione e nel trattamento di quelle patologie, che sono un rischio per lo sviluppo delle malattie come Parkinson o Alzheimer. 
Tuttavia bisogna ricordare anche altri comportamenti collegati ad un possibile sviluppo di questa malattie come il fumo, droga, alcool, poca attività fisica.

Uso delle erbe aromatiche nelle malattie degenerative
Nell'alimentazione dei malati di Alzheimer o Parkinson, oggi l'utilità  delle erbe aromatiche è principalmente rivolto alla stimolazione dell'appetito e della memoria dei sapori nei malati ma questo uso non si può dire che abbia un effetto terapeutico.


Riferimenti:
Tang CT, Belani LK, Das S, Jaafar MZ."Treatment of dementia with herbs: a short review" Department of Anatomy, and Anaesthesia and Intensive Care, Universiti Kebangsaan Malaysia Medical Centre, Kuala Lumpur, Malaysia.

Essa MM, Vijayan RK, Castellano-Gonzalez G, Memon MA, Braidy N, Guillemin GJ."Neuroprotective effect of natural products against Alzheimer's disease" Department of Food Science and Nutrition, College of Agriculture and Marine Sciences, Sultan Qaboos University, Muscat, Oman., Neurochem Res. 2012 Oct;37(10):2293

More SV, Kumar H, Kang SM, Song SY, Lee K, Choi DK. "Advances in Neuroprotective Ingredients of Medicinal Herbs by Using Cellular and Animal Models of Parkinson's Disease" Department of Biotechnology, College of Biomedical and Health Science, Konkuk University, Chungju 380-701, Republic of Korea.

Susan Farr "Can Certain Herbs Stave Off Alzheimer’s Disease?" , Saint Louis University School of Medicine

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lunedì 18 novembre 2013

Essere gentili fa stare bene, migliora il nostro peso e la salute del nostro cervello e del nostro cuore.


Ci sono piccole azioni che nel corso della giornata possono cambiare la vita delle persone, fare la spesa alla vicina di casa malata, invitare la domenica a pranzo una persona sola, andare a visitare un conoscente in ospedale, tenere una porta per fare entrare qualcuno, piccoli gesti che assumono un significato molto più grande, la gentilezza, l'empatia, l'altruismo, la buona educazione fa stare bene, migliora la performance del nostro benessere e della nostra salute.

Quello che dovrebbe essere un comportamento naturale, oggi è diventato difficile, la società ci ha cambiati. Il bambino sviluppa un empatia emotiva subito dalle prime ore di vita. 

Quello che è un atteggiamento spontaneo per paura di essere fraintesi o ancora peggio manipolati ci ha fatto assumere comportamenti poco solidali con il prossimo.

Siamo sempre di più indifferenti anzi a volte anche cattivi senza motivo eppure secondo le ricerche solo una piccola percentuale di persone non hanno propensione per l'empatia a causa di un disturbo mentale o di un disturbo della personalità.


La responsabilità di questo atteggiamento negativo è dovuto all'eccessiva competizione che è iniziata negli anni '90 e tutti i primi dieci anni del nuovo millennio, siamo tutti uno contro l'altro, tutti in concorrenza.

La crisi sempre di più ci sta facendo capire che per vincere le sfide del ventunesimo secolo bisogna passare da una modalità di competizione a una modalità di cooperazione e condivisione.

Per farlo necessita di avere un atteggiamento dove la gentilezza, lo sviluppare empatia, l'educazione e l'altruismo è una caratteristica importante, se essere gentili è nella nostra natura ma non è un atteggiamento sistematico, questo va coltivato ed esercitato.


La gentilezza quale relazione con il nostro peso e la nostra salute? Il ruolo della serotonina e del cortisolo

Essere più gentili ci rende meno stressati e più soddisfatti, diversi studi dimostrano che quando agiamo con gentilezza e generosità verso il prossimo, il nostro organismo secerne più serotonina, che è chiamata anche l'ormone le buon umore, permette di migliorare la nostra risposta immunitaria, riduce lo stress, ma soprattutto la serotonina interviene nel controllo dell'appetito determinando una precoce comparsa del senso di sazietà.

Mentre invece quando siamo poco gentili verso il prossimo, siamo più stressati, si produce più cortisolo , un ormone dello stress, che incide negativamente sulla nostra salute, sul nostro sistema immunitario, riduce le capacità fisiche, favorisce la ritenzione idrica, favorisce l'accumulo del grasso, porta a stanchezza generalizzata e determina iperinsulinemia.

Negli ultimi anni si è invitato ad avere poche relazioni sociali, ma avere più relazioni sociali aiuta a preservare la salute del cervello e del cuore, chi sviluppa più empatia e rapporti sociali  si sente meglio con se stessi, ci si sente meno depressi e meno coinvolti da malattie degenerative come per esempio la malattia di Alzheimer. Altruismo e la compassione ci rendono più intuitivi in grado di sentire la sofferenza dell'altro e migliorare le nostre capacità cognitive.


Essere buoni per sè, essere buoni per il cuore
Sappiamo che il nostro cuore non è un muscolo , ma una sorta di secondo cervello contiene più di 40.000 neuroni, il  nostro cuore risponde particolarmente alle emozioni, i pensieri negativi come il risentimento aumento della frequenza cardiaca e la pressione sanguigna , la generosità e il perdono abbassano lo stress fisiologico.

Se queste virtù non vi hanno convinto, sappiate che più la gentilezza è contagiosa, quando si vede qualcuno che fa una buona azione, noi aspiriamo a fare lo stesso, la gente gentile è molto più grande degli avidi egoisti.

Dalla competizione al ritorno della condivisione
Non è solo ed esclusivamente un vantaggio di tipo di salute oggi la condivisione è entrata a fare parte dell'economia, si cerca di ritrova quella solidarittà e quello spirito dell'unita di vicinato ma anche della convenienza. 

Qualche esempio? Il Carpooling, condividere le spese del viaggio, Airbnb affittare il sofà di casa e conoscere persone provenienti da tutti il mondo. Molte persone anziane affitano la stanza a studenti in cambio di favori, come fare la spesa, accompagnarli a fare la dialisi, accompagnarli a fare esami medici. 

Ho scoperto che ci sono persone che condividono la cura dell'orto, la cura di un giardino, interessante anche il caso del Fondazza social street a Bologna, che dalla comunità virtuale sono passati alla comunità reale.

Però la condivisione come tutte le cose, richiede attenzione ed educazione, rispetto verso il prossimo, perchè educazione e gentilezza non vogliono dire stupidità.

mercoledì 13 novembre 2013

Quali sono i fattori chiave dell'Obesità infantile? (il lungo, il corto e il pacioccone)

Alessandra S.: Secondo te quali sono i fattori che più incidono nello sviluppo dell'Obesità in età pediatrica?

Che domanda seria e diretta, l'obesità in età pediatrica è un argomento apparentemente semplice perché abbiamo una letteratura medico scientifica piuttosto ricca, anzi se posso permettermi un termine, più che ricca direi grassa, dove tutti si auto qualificano esperti, esternano sotto lauti compensi e in modo insistente  quelli che non hanno figli.

Io penso che i bambini sono lo specchio della nostra società in cui viviamo, da una parte c'è una forte pressione sociale che ci vuole tutti belli e magri e dall'altra consumatori d'alimenti 24 ore su 24.

Sufficiente guardare le pubblicità dei prodotti alimentari destinati ai bambini e agli adulti per notare di come queste influenzano i nostri comportamenti stimolando direttamente o indirettamente a mangiare costantemente di più.

L'eta pediatrica è un arco di tempo lungo, che attraversa diverse fasi di crescita, che va dalla nascita al'età adulta, io penso che l'adolescenza meriti un capitolo a parte.

Il bambino rispetto all'adulto non ha coscienza del sè e del suo peso, spesso sono gli altri bambini che gli  fanno notare prendendolo in giro il suo peso eccessivo. Un problema in cui prende confidenza ma senza avere una reale coscienza che questo può diventare un problema di salute d'adulto, si guarda il problema dal fatto che predispone ad avere minori rapporti sociali, meno amici.



La canzoncina "il lungo, il corto e il pacioccone" offre l'idea di come il peso viene visto dai bambini come una caratteristica fisica alla pari dell'altezza, degli occhi chiari o dei capelli scuri, invece ai bambini bisogna insegnare che se il colore degli occhi non si può cambiare quello del peso invece si può modificare.

I fattori chiave dell'obesità in età pediatrica

La percentuale di bambini obesi o in sovrappeso in Italia è del 30,9%  dai 5 ai 17 anni, negli USA 35,9 nel Regno unito 26,6.*

L'Obesità è una malattia multifattoriale che coinvolge fattori : genetici , perinatali, ambientali e psicologici, per la mia esperienza personale, posso indicare quelli che sono i fattori che possono influire di più, rispetto ad altri sull'Obesità infantile, oltre all'educazione:

- L'obesità dei genitori o il sovrappeso
- Diabete gestionale nella madre durante la gravidanza
- Malnutrizione perinatale (potrebbe essere origine di un obesità di tipo epigenetico)** 
- Il peso alla nascita troppo basso o troppo alto
- Fare parte di una famiglia economicamente in difficoltà
- Un educazione alimentare troppo rigida oppure troppo permissiva
- Non dormire sufficientemente (un bambino in norma dorme circa 10 ore)
- Disturbi dell'umore, disturbi delle sfera emotiva, tristezza o anche depressione


Dal pediatra al centro multidisciplinare

L'evoluzione della crescita e del peso in un bambino non è costante, varia  a seconda dell'età e del sesso, un buon pediatria in genere pesa il bambini  a intervalli regolari, o per lo meno a seconda delle visite, ogni 3 o 4 mesi o comunque più spesso se riconosce di essere di fronte a un bambino con più fattori a rischio al fine di fornire volta per volta consigli sull'alimentazione e la gestione del peso.

Questo perché un bambino obeso si trasforma spesso in un adulto obeso con un indice di probabilità del 75 %, all'interno di un quadro di prevenzione è bene pesare il bambino periodicamente , spesso sono sufficienti piccoli interventi per fare modificare i comportamenti poco corretti in un età dove è ancora possibile intervenire, più diventano grandi d'età più è difficile intervenire.

Uno dei metodi rilevazione è l'Indice di Massa Corporea (BMI) in sintesi il rapporto peso e altezza, quando questo cresce il pediatra può intervenire correggendo un errore alimentare senza stressare la famiglia, in mancanza di risultati invece deve valutare se è il caso di inviare il bambino a un centro multi disciplinare o un professionista specializzato.


L'approccio multidisciplinare

La gestione di bambini e ragazzi obesi richiede attenzione e necessita di  team con un approccio multidisciplinare personalizzato, basato principalmente su cambiamenti delle modalità dell'alimentazione, portando il bambino graduatamente verso comportamenti alimentari più corretti, come la ripartizione dei pasti durante l'arco della giornata e un apporto corretto di frutta e verdura.

Più che ridurre l'apporto calorico o il volume del pasto, da fare sembrare una privazione, ci sono diverse strategie possibili, si può provare a ridurre la densità energetica del pasto, oppure per contrastare l'abitudini ai spuntini dopo pranzo e dopo cena si può optare per un alimentazione a basso indice glicemico, oppure si possono scegliere degli alimenti con un maggiore indice di sazietà, è possibile inoltre valutare se è possibile aumentare leggermente l'apporto proteico per il suo effetto saziante.

Il movimento fisico è si importante, può aiutare ma non può risolvere da solo il problema dell'Obesità infantile.


Obesità parentale

La mia esperienza con bambini difficili mi ha posto spesso di essere di fronte a un problema di Obesità parentale che coinvolge tutta la famiglia, è un obesità più subdola più nascosta nel senso che fanno poco ricorso alla visite periodiche dal medico, non percepiscono il problema per il livello socio culturale, precarietà economica, precarietà familiare, precarietà affettiva, precarietà psicologica , la cura dell'Obesità rappresenta un lusso che non possono permettersi.

In questa senso la scuola ha un ruolo strategico proprio perchè il bambino è presente tutti i giorni, l'indirizzamento di un centro pubblico specializzato con un team multidisciplinare offre la possibilità d'intervenire sia sul bambino che sulla famiglia.


Obesità come conseguenza di un disagio fisico e psicocologico

Ci sono casi in cui l'obesità è strettamente correlato alla famiglia, non come abbiamo visto precedentemente ma come la conseguenza di un disturbo affettivo o dell'umore, ma anche lo stesso sovrappeso e obesità portano a disturbi dell'umore e/o a sintomi depressivi.
La separazione dei genitori o la perdita di uno di essi, la carenza di sonno, i maltrattamenti, la violenza sono tutte situazioni che posso influenzare l'umore e lo psicologia del bambino e che possono tradursi in bisogno di mangiare come un bisogno di sicurezza.
Questi sono i casi che prestano di più la massima attenzione e delicatezza dove un supporto di un nutrizionista unito a un supporto psicologico può aiutare il bambino ad avere maggiore stima di sè e superare i traumi.


Sintesi: l'obesità in età pediatrica è una condizione che va evitata attraverso l'individuazione dei fattori di rischio, il controllo periodico dei soggetti con fattori di rischio riconosciuti, un ruolo particolare spetta alla famiglia come educazione, al pediatra come atto medico e alla scuola per sensibilizzare i ragazzi e rinforzare i messaggi che vengono dalla famiglia e dalla società
Muoversi di più aiuta nel corso del tempo ad avere un maggiore controllo sul peso ma non è in grado di risolvere tutte le problematiche legate all' Obesità infantile.

sabato 9 novembre 2013

Lo zucchero non fa bene al cervello?

Sovente sentiamo dire che abbiamo un alimentazione troppo ricca di zuccheri, abbiamo visto ìn precedenti di post di quanto zucchero viene inserito nei prodotti alimentari, come lo yogurt dove lo zucchero in alcune marche supera i 20g su 100g, ma anche prodotti in cui in genere non associamo la parola zucchero come le conserve di legumi o verdura o ancora peggio le bevande tipo Cola.

L'eccessivo assunzione di zucchero è uno dei problemi dell'alimentazione moderna, un gruppo di ricercatori tedesco dell'Università di Halle a Berlino, ha voluto verificare quali effetti determina una dieta ad alto indice glicemico (con elevati livelli di zucchero nel sangue), sul cervello, sulla memoria e sulla performance cognitiva.

Lo studio pubblicato su Neurology di Ottobre 2013, è stato svolto su 141 individui ( 72 donne , età media 63 anni), senza Diabete di Tipo 2 o pre Diabete, ha previsto l'utilizzazione del: 1) Rey Auditory Verbal Learning Test, per testare la memoria, 2) analisi dell'Emoglobina Glicata, glucosio e insulina  3) MRI per valutare il volume e la struttura dell'ippocampo, un area del cervello che svolge un ruolo importante nella memoria. Quando parliamo d'Alzheimer, l'ippocampo è uno delle regioni del cervello più interessante.


I risultati  hanno fatto osservare che livelli più bassi d' Emoglobina Glicata e livelli bassi di glucosio sono significativamente associati con migliori punteggi d'abilità, d'apprendimento e di memoria e una maggiore volume dell'ippocampo.
Al contario invece livelli più alti d' Emoglobina Glicata è associata ad un punteggio significativamente più basso nel test e ad un volume d'ippocampo ridotto. 

Quest studio indica che anche in essenza di Diabete mellito di tipo 2 o di ridotta tolleranza al glucosio, elevati livelli di glucosio nel sangue possono esercitare un influsso negativo sulla memoria pertanto, le strategie volte a ridurre i livelli di glucosio, possono influire beneficamente sulla performance cognitiva e della memoria come in questo caso sulla popolazione più anziana.

Come diminuire la glicemia?
Sicuramente un' alimentazione equilibrata unica ad movimento fisico costante nel tempo.
Le persone obese o in sovrappeso devono perdere peso, come minimo. le 5 porzioni di frutta e verdura
Un aiuto può venire da una dieta a basso indice glicemico, ricordate che il movimento come una passeggiata dopo mangiato diminuisce i livelli di zucchero di sangue, se siete più sportivi invece ricordate che anche lo jogging e il nuoto possono essere tra le attività sportive più consigliate, 


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martedì 5 novembre 2013

Il Kebab fa ingrassare?


Annarita M: Secondo te, il kebab fa ingrassare?

Da diversi anni il Kebab acquista sempre più fans, non mancano i negozi specializzati, perfino al mio paese, perso in mezze alle montagne, dove non c'è supermercato, c'è un solo panettiere, un solo bar, una sola pasticceria eppure c'è un negozio di Kebab.

Il suo successo è dovuto al sapore ricco e speziato ed alla sua economicità. Spesso si associa il fast food con il Kebab, ma per sottolineare che è rivolto più al pubblico del fuori pasto. Non a caso ci sono chioschi di kebab che chiudono sempre molto tardi anche le quattro del mattino e per il popolo della notte, sono un occasione per fare uno spuntino specie nelle grandi città.

Gli adolescenti, i giovani sono il loro pubblico maggiore, non a caso spesso il kebab viene accompagnato da patatine fritte e ketchup, che non è la ricetta originale diciamolo subito, un mio amico turco direbbe "un americanata", io più che altro la vedo come un abitudine al sapore delle patatine fritte e ketchup.


La Storia del Kebab
Molto divertente leggerla on line, si va da Omero ai soldati romani che arrostivano la carne sulle spade, ci manca solo Eva che cucinava per Adamo un kebab. 

Non è proprio cosi la consuetudine è orientale dei paesi come la Turchia, Iran, Pakistan, ma cosi come lo conosciamo oggi la patria è la Turchia in particolare Istanbul.

Ai tempi di Solimano il Magnifico nel XVI° secolo, il Kebab era il pranzo degli operai che lavoravano al porto e nelle costruzioni, non potevano andare a casa a mangiare, ma avevano bisogno di un pasto energetico che non rubasse molto tempo al lavoro, dove le spezie e il bisogno di masticare contribuivano a dare un ottimo sapore alla carne e un maggiore senso di sazietà.

La storia invece moderna del Kebab passa per Berlino dove nel 1972 un immigrato d'origine turca Nurman Kadir, apre un chiosco per dare da mangiare ai suoi connazionali, gli immigrati turchi in Germania solo il numero maggiore d'immigrati più degli italiani e dei polacchi. 

La versione del kebab diventa più occidentale, pezzi di carne speziata dal rotolo che gira servito con cipolla e pomodoro, va anche detto che in Turchia ogni paese, città e quartiere ha una propria versione di kebab. Io stesso a Istanbul mi piaceva molto il Hünkâri kebabi, il kebab del sultano con purè di melanzane, basilico, timo e alloro.


Il Kebab fa ingrassare?
In realtà quello che è importante non è tanto un piatto e un prodotto che fa ingrassare ma la sua modalità e frequenza di consumo, mangiare un kebab ogni tanto nel break di mezzogiorno non è un problema per la bilancia mentre mangiarlo spesso magari tutti i giorni e fuori pasto lo potrebbe diventare.

Molto dipende dalla sua composizione in genere pane, carne, lattuga, pomodori e cipolle, salsa più o meno grassa, dolce o piccante in genere siamo sulle 300-500 kcal  più ci aggiungono patatine fritte e ketchup le calorie salgono 400-600 più una bibita tipo cola è possibile arrivare a 1000 calorie se poi aggiungiamo anche un dessert.

Quello che personalmente mi preoccupa di più, non personalmente perché non mangio molta carne anzi, è l'origine della carne, originariamente in Turchia era carne di pecora o montone più che agnello mentre oggi in Turchia sempre più spesso è vitello.

In una indagine svolta in Regno Unito dalla Lacors, qualche anno fa sui kebab era emerso che nella composizione della carne è stata trovata carne non indicata in etichetta, spesso sono dei mix carne bovina, pollo, tacchino, vitello, parliamo di carne proveniente da parti non nobili e assemblate, un po' come quella per fare i wurstel o le polpette industriali.

Sempre lo stesso studio, indicava alti valori di grassi saturi (dal 90 al 148% dei grassi saturi raccomandati in una giornata di un adulto ), sale 6g (il 100% dell'apporto giornaliero raccomandato), alcuni kebab riusciavano a raggiungere anche 1.900 kcal, tuttavia sempre l'indagine sottolineava che non era un problema perchè il mangiare un kebab era un consumo occasionale per le persone intervistate.

Dal mio punta di vista, per dirlo in parole molto semplici il kebab è uno degli esempi in cui l'industria alimentare spinge a mangiare di più creando occasioni di consumo fuori pasto, poche persone sono consapevoli del numero delle calorie, stimolando comportamenti poco corretti che conducono all'Obesità.


Il tempo della pausa pranzo è tempo della salute, non è tempo dello spreco
Tenendo presente che si ingrassa per tante ragioni, una di queste è perchè si mangia di fretta senza masticare, perchè si mangia anche quando si ha lo stomaco pieno, non si riconoscono i meccanismi di sazietà, oggi viviamo in una società che non dà il valore al tempo del pasto, prendersi il tempo di fare un pasto a mezzogiorno viene visto come negativo, come un tempo che ruba il tempo al lavoro, viene fatto in fretta e male.

Non si valuta la salute del lavoratore, negli anni '70 il diritto alla mensa è stato una conquista, oggi invece con i contratti di precarietà si vedono molte persone mangiare panini in fretta e furia nei posti più impensabili, dalle sale d'aspetto agli ascensori, agli spogliatoi.

Al di là di quello che si mette nel piatto ritengo più importante prendersi una pausa, stare seduti con le gambe sotto a un tavolo, anche se mi rendo conto che questo è una chimera per molti lavoratori.

La cosa più incredibile mi è capitata a Parigi in una pausa pranzo, dove di fronte a un grande magazzino c'era un giardino strapieno di lavoratori che mangiano un panino all'aperto, non sono riuscito a sedermi.
Non erano nel parco perchè alla ricerca di un contatto con la natura ma per pura neccessità, la panchina di un parco si trasformava in un luogo di ristoro personale e non parlo di clochard o turisti low cost, parlo di lavoratori.

In una situazione di questo genere è diffiicile anche variare l'alimentazione, come fai a mangiare una zuppa, un primo piatto o della frutta?

Il costo di un kebab è a buon mercato con meno di 5 euro mangi un panino con carne, verdura, pane in fin dei conti carboidrati complessi, fibre e proteine ma anche grassi saturi e sale in proporzione non indifferente, questo è un aspetto che va tenuto presente.

Corsi e ricorsi della Storia dallo sfruttamento dei lavoratori della Turchia dell'Impero Ottomano alle storie d'oggi dei paesi occidentali, forse hanno più cose in comune di quanto si pensi.

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