martedì 30 settembre 2014

A cosa serve la Dieta Mediterranea?

Olga C., Tarvisio: Si sente parlare di dieta mediterranea associata alla prevenzione di più patologie come le malattie cardiovascolari, Alzheimer e Sla, però ho visto che l'Italia, paese della dieta mediterranea ha quasi lo stesso numero di casi per patologia di altri paesi al di fuori dell'area del Mediterraneo, ma allora la dieta mediterranea  a cosa serve?

A fare soldi, è come quando vengono per la parrocchia per la questua, non so se lo fanno anche da voi, da me passano per San Gervasio e tutti fanno finta di nulla, passano per San Francesco e si moltiplicano le offerte.

La stessa cosa la Dieta Mediterranea, chiedi fondi per studiare Alzheimer e tutti scappano, chiedi fondi per HIV e tutti scappano, chiedi fondi per la Dieta Mediterranea e come per magia si moltiplicano i fondi, infatti la Dieta Mediterranea è divenuta Patrimonio Mondiale dell' Umanità, non per nulla

Avete visto che quei poveretti della Sla hanno dovuto inventare le docce gelate per raccogliere i fondi per la ricerca?

Se fossi stato un po' più furbo, avrei chiamavo il mio blog Dieta Mediterranea avrei avuto un grande successo, qualsiasi cosa potessi fare e raccontare è andata diversamente.


Scherzi a parte, abbiamo un po' sorriso sulla Dieta Mediterranea, ma a cosa serve la Dieta Mediterranea?

La tua riflessione è più che corretta, in effetto con il termine Dieta Mediterranea  è un po' sibillino perchè sembra che inserisce tutti i paesi che si affacciano sul Mare Mediterraneo come la Spagna, il Marocco, la Tunisia, il Libano, la Grecia, la Turchia, sono tanti paesi con abitudini alimentari molto diverse tra di loro.

A coniare il termine Dieta Mediterranea è stato il nutrizionista americano Angel Keys, che durante il suo studio Seven country Study nel 1969 e poi nel libro "Eat well and stay well, the Mediterranean way" del 1975 aveva notato che in alcuni paesi del Mare Mediterraneo anche se diversi per tradizioni e cultura avevano delle caratteristiche comuni, che sono diventate il perno della Dieta Mediterranea:

1) Consumo limitato di carne, carni bianche in prevalenza durante la settimana ma non tutti i giorni
2) Il consumo di pesce almeno una volta alla settimana,
3) Frutta, verdure, legumi e ortaggi sono consumati tutti i giorni.
4) Cereali sono la base dell'alimentazione con un consumo quotidiano (pane, pasta, riso, orzo)
5) I prodotti derivati del latte sono ai margini dell'alimentazione
6) L'apporto dei grassi è dominato dell'olio d'oliva ricco in acido oleico
7) Alccol consumato poco e solo durante i pasti in media un bicchiere al giorno,

I studi di Keys e di altri in seguito hanno indicato un collegamento tra la dieta di questi paesi come Italia, Grecia, Spagna e la bassa incidenza delle malattie cardiovascolari e del numero inferiore dei casi di cancro mentre altri studi più recenti hanno trovato degli effetti benefici del rapporto tra alimentazione mediterranea e patologie come diabete e le malattie neuro degenerative come Alzheimer e Parkinson.


Come mai il tasso di malattie cardiovascolari, cancro, obesità, diabete si avvicina negli ultimi anni sempre di più ai tassi dei paesi non mediterranei?

La risposta è semplice, le osservazioni di Angel Keys furono fatte alla fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, su studi svolti precedentemente, ma nel corso degli anni molti dei paesi che si affacciano sul Mare Mediterraneo hanno modificato la loro alimentazione a favore di un alimentazione più "globale" più ricca di grassi non vegetali, più zucchero, più carne rossa, più porzioni di derivati del latte, teniamo presente che si sono paesi sul Mare Mediterraneo che nel 2014 non consumato le cinque porzioni giornaliere di frutta e verdura, un dato impensabile nei studi di Keys negli anni '70.

Negli ultimi 50 anni sono avvenuti molti cambiamenti sia sociali che economici, si è passati a una maggiore disponibilità finanziaria, una maggiore incidenza dei prodotti alimentari industriali, di modelli e stili di vita arrivati dall'estero, prima del 1970 non c'erano i Mcdonald, le brioche congelate, i fast food, i cereali della prima colazione, i muffins, distributori di snacks salati e snacks dolci o per lo meno era più facile mangiare un pane e marmellata fatto in casa.


L'arrivo dell'Euro frutta e verdura prodotta nei paesi dell'UE hanno visto aumentare molto il loro prezzo tanto che un chilo di mele costa piu caro di prodotti esotici come mango, avocado, questo ho comportato un ridimensionamento dei consumi di frutta e verdura a livello generale, in quanto frutta e verdura sono sempre stati la base della maggior parte della popolazione.

Nuovi grassi sono stati introdotti nell'alimentazione, più grassi d'origine animale, più porzioni di derivati del latte e l'olio di oliva non è più il solo grasso adoperato in cucina.

Teniamo presente che negli ultimi 5 anni diversi paesi dell'area del mediterraneo sono in crisi economica, mi riferisco alla Spagna, Portogallo, Grecia, Italia che incide nelle scelte alimentari d'oggi e inciderà sulla salute di domani.

In questo quadro a tinte chiare e tinte scure, c' è stata un evoluzione o forse sarebbe il caso di dire involuzione dei consumi in termini di quantità e qualità, che hanno generato una serie di cambiamenti nell'alimentazione dei paesi della Dieta Mediterranea che hanno inciso nella salute rendendo di fatto i dati più vicini ai paesi non mediterranei.

Tutti troppo concentrati sulla dieta e l'alimentazione ma non dobbiamo dimenticare il movimento fisico, una volta si camminava molto a piedi o in bicicletta ci si muoveva di più, si faceva un tipo di vita più attivo, non certo per piacere come adesso che si va a fare trekking, ma ci si muoveva molto di più, anche il movimento fisico incide sulla salute e sulla Dieta Mediterranea.


Cosa rimane delle Dieta Mediterranea?

Un buon esempio, un buon schema da seguire, credo che oggi si stia in parte recuperando quella cultura dell'alimentazione mediterranea, perchè si diffonde di più nei paesi del mediterraneo la dieta vegetariana? Perchè la varieta e il consumo di frutta e verdura è sempre stato presente nella nostra cultura alimentare. Si diffonde sempre di più la cultura e la ricerca dei prodotti locali con i mercati del contadino per quanto riguarda frutta e verdura, sono tutti segni di una controtendenza, li vedo come dei segni positivi.

Tutto questo però non basta e non è sufficiente, recuperare parte della cultura del passato e associarla al movimento fisico, al concetto di quantità e di porzione, perchè mangiare un enorme paella o una teglia di lasagne non fa Dieta Mediterranea.

La Dieta Mediterranea non è un solo alimento, non ci sono benefici in un solo alimento come dicono alla televisione, la Dieta Mediterranea non è una ricetta, non è un piatto ma un insieme di pratiche alimentari che se opportunamente seguite nel corso del tempo possono dare effetti benefici alla salute ma nello stesso tempo non è la panacea di tutti i mali.


lunedì 29 settembre 2014

I Dolcificanti Artificiali sono collegati al rischio di diabete e d'obesità?

Torniamo di nuovo a parlare d'edulcoranti, cioè di dolcificanti artificiali, come l'aspartame, per il quale sono previste delle dosi giornalieri raccomandate GDA, che però non sono note alla maggior parte dei consumatori  

Il dibattito sull'uso degli edulcoranti in sostituzione dello zucchero negli alimenti, nella comunità scientifica è molto alto ed è diviso in due gruppi d'opinione. 

Il primo gruppo che abbraccia il punto di vista delle aziende, che sostengono che non c'è nessun problema anzi contribuiscono a non innalzare il tasso d'obesità e comunque c'è una dose minima raccomandata e quindi è il consumatore che deve imparare a regolarsi nel consumo e non le aziende. 

Il secondo gruppo di quelli che sostengono che sono un veleno e contribuiscono allo sviluppo di molte patologie come la polemica Fondazione Ramazzini e Efsa.

Ci sarebbe anche se così si può dire un terzo gruppo, ma al momento credo di essere solo, come la foca monaca in via d'estinzione, a pensarla diversamente, dal momento che studi hanno affermato che l'uso dei soli edulcoranti artificiali non contribuiscono alle perdita del peso, anzi alcuni sembra che stimolino l'appetito, è inutile consumarli, indipendentemente che facciano bene o male.

In secondo luogo il rischio danno per la salute non può essere calcolato in uno studio per una sola sostanza ma sul numero e quantità di sostanze assunte durante l'arco della giornata e non periodi brevi come due mesi perchè spesso gli edulcoranti vengono inseriti in prodotti di consumo quotidiano pertanto avere studi per periodi di tempo più lunghi aiuterebbe a una maggiore comprensione.


Sulla rivista Nature è stato pubblicato uno studio che ravviverà il dibattito sui edulcoranti o meglio dolcificanti artificiali, la ricerca svolta sia  su cavie e su essere umani, ha determinato che il consumo di dolcificanti artificiali inducano l'intolleranza al glucosio modificando la flora intestinale e stimolando lo sviluppo del diabete e dell'obesità.

L'esperimento è stato quello di fare assumere giornalmente tre edulcoranti molto comuni: aspartame, sucralosio e saccarina, in base al peso come raccomandato dalla FDA . 

La cavie e persone hanno sviluppato un'intolleranza al glucosio, che cos'è l'intolleranza al glucosio? Si verifica quando l'organismo diventa meno sensibile all'insulina e deve lavorare di più per controllare il livello di zucchero nel sangue.

I ricercatori hanno cercato d'individuare la causa, sembrerebbe che all'origine ci sia che l'uso d' edulcoranti possa indurre a una modifica della composizione della flora intestinale, questa modifica sempre secondo i ricercatori potrebbe avere effetti sul'intolleranza al glucosio, sul diabete e anche sull'Obesità.

Sintesi: se dovete perdere peso, ricordiamo che il solo consumo d'edulcoranti o di dolcificanti artificiali non basta, occorre una dieta equilibrata, magari personalizzata da un professionista della salute e movimento fisico. 

Prodotti senza zucchero o con dolcificanti personalmente non mi sono graditi, costano di più e aggiungono agli alimenti un sapore non gradevole.

Questo non vuole dire che non bisogna mangiare dolci ma che magari bisogna ridurre la quantità e imparare a scegliere la qualità dei dolci.



lunedì 22 settembre 2014

Cos'è l'Umami? Fa dimagrire?

Carmelina R, Bitonto : si sente parlare d' Umami? Cos'è?
Greta B, Monza: ho letto da più parti che preferire ingredienti e ricette con Umami fa dimagrire, è vero?

Sempre più spesso si sente parlare d'Umami, si tratta secondo alcuni ricercatori del quinto gusto, dopo il dolce, il salato, l'amaro e acido. A dire il vero secondo molto filosofi del gusto al quinto gusto dell'Umami bisognerebbe aggiungere anche il sesto gusto il fritto e il settimo gusto il grasso!

Facciamo un po' di chiarezza i gusti fondamentali, naturali sono 4, dolce salato acido e amaro, se il dolce è presente già alla nascita, il salato si sviluppa intorno ai 4 mesi e più avanti l'amaro e l'acido. L'arrivo di nuovi gusti riguarda l'esperienza gastronomica dell'uomo che negli ultimi anni si è diventa sempre più varia e ricca.

Il gusto Umami è stato scoperto nel 1908 da Kikunae Ikeda, professore presso l'Università Imperiale di Tokyo, aveva notato questo gusto particolare forte in asparagi, pomodori, formaggio e carne, ma era più forte in dashi, la base della cucina giapponese, un brodo che originariamente veniva fatto con alghe combu e tonno secco affumicato e fermentato, oggi si trova in più versioni. Ikeda ha individuato un aminoacido come fonte di quel gusto cosi accentuato e lo ha brevettato come esaltatore di sapidità il glutammato monosodico.


Il glutammato monosodico viene classificato come additivo alimentare (e identificato con il codice E621) ed esistono delle direttive che ne regolamentano l’utilizzo negli alimenti. Generalmente, il glutammato monosodico viene utilizzato nei preparati dell’industria alimentare, come i surgelati, le miscele di spezie, le zuppe liofilizzate e in scatola, i condimenti per le insalate e nei prodotti a base di carne o pesce, pertanto un gusto non a noi del tutto sconosciuto.

Da più di venti anni sempre più chef giapponesi arrivano in Europa sono molto richiesti perche hanno la capacità tipica della cucina giapponese d'unire la raffinatezza del gusto del piatto con l'estetica.

Grazie  a questi chef giapponesi che oggi conosciamo qualcosa in più del gusto umami,  del suo abbinamento in cucina con la combinazione d'ingredienti ricchi di glutammato naturale.

Si potrebbe pensare che alti livelli di glutammato naturale sono presenti solo in prodotti provenienti dal Giappone, invece ci sono alcuni alimenti della nostra tradizione alimentare europea, come il Parmigiano Reggiano, il Roquefort, il Pomodoro maturo, i salumi, i pesci affumicati.


Dal mio punta di vista lo classificherei più come un gusto salato forte e molto accentuato, impartito dal glutammato, un tipo di amminoacido, e ribonucleotidi, compresi isonilato e guanilato, che si possono trovare naturalmente in molti alimenti, tra cui carne, pesce, verdure e latticini.

Negli Stati Uniti c'è una catena di fast food Umami burger un hamburger con Crisp di parmigiano, funghi shjitaki, pomodoro arrosto caramelizzato, ketchup , un burger ad alto tasso d'umami (ma anche d'altro....).

Anche nella cucina di tutti i giorni è presente sapore umami come per esempio la pancetta e formaggio sul vostro hamburger; salsa di pomodoro e parmigiano, patatine fritte con ketchup, hanno alti livelli Umami.


Il gusto Umami fa dimagrire?

Nel numero d'Agosto della rivista The American Journal of Clinical Nutrition, è apparso un articolo su uno studio che dimostrebbe che quando il glutammato monosodico e associato a cibi ricchi di proteine, questi sembrano dare un maggiore senso di sazietà e quindi se opportunamente inseriti in una dieta, potrebbero proprio grazie al senso di sazietà essere utilizzati per perdere peso, ma anche sfamare più persone in quei paesi con scarsità di risorse!

Questa tesi si muove sull'onda delle diete ricche di proteine che sono molto "in", pone però l'accento su una cosa importante, perchè le diete nella maggior parte dei casi falliscono? Perchè sono povere di gusto qualcuno potrebbe rispondere e in parte è vero, vuoi mettere il paragone con delle verdure al vapore con Umami Burger hamburger con crisp di parmigiano, funghi, ketchup, pomodoro caramellizzato!


Il problema vero è che l'industria alimentare ci arrichisce talmente tanto gli alimenti dagli esaltatori di sapibilità, a quel mix di sale zucchero e grassi che abbiamo chiamati alimenti multisensoriali, che il nostro palato oramai è "viziato" non riusciamo più a riconoscere i gusti fondamentali, alterando anche il nostro senso del gusto.

Se guardiamo tutti i junke food di nuova generazione, oltre ad avere la dizione "naturale", che non so più cosa vuole dire, sono per esempio dei biscotti salati ma caramelizzati al sapore della pancetta, anche la patatina fritta non è più solo fritta ma arricchita di spezie e zucchero e le ho viste anche cioccolatate.


Chi inevitabilmente è obeso, tranne pochi casi di predisposiizone genetica, lo è perchè queste cibi li compra e li mangia, li vedo esposti anche alle casse del supermercato, mica sono li per fare uno spuntino alle cassiere del supermercato!

Non mi preoccupano solo i junke food anche alimenti meno sospetti come le verdure in scatola o i piatti pronti surgelati, sono opportunamente molto ricchi di gusto, questo si traduce al palato, in una sensazione del gusto alterata, tanti che prima di affrontare una dieta bisognerebbe pulirsi di gusto il palato, le aziende lo sanno e fanno in modo di creare dipendenza da un certo tipo di gusto.

Quello che bisogna imparare è cercare di insaporire le ricette e le preparazioni con ingredienti naturali, variando gli alimenti  e provando nuovi sapori, tempo fa forse qualcuno ricorda ho consigliato per adoperare meno sale in quelle persone con problemi cardiovascolari su come abbinare e arricchire gli ingredienti in modo naturale per dare al cibo un sapore nuovo.


Una mia ricerca personale che prosegue per questo sono tornato a fare ricette, ho pubblicato da poco un insalata con pomodori, uva e acqua di fior d''arancio, uno mi ha scritto sono pomodori con il sapore di pastiera napoletana, mi ha fatto molto ridere, forse ha ragione, però con molte calorie in meno, un tartare di verdura o pomodori condita con olio di noce con qualche scaglia di parmigiano è un altro esempio.

Imporatnte è variare il gusto, frutta e verdura è insipida se non si sa sceglierla e cucinarla in modo gradevole e abbinarla con altri ingredienti, questo richiede uno sforzo comprendo, purtroppo per dimagrire ci vuole impegno in tutti i sensi, anche se oggi non è più solo dimagrire ma un problema di salute.


Sintesi: il gusto umami, non è proprio un nuovo gusto ma una declinazione del gusto molto salato, mangiare prodotti ricchi di glutammato naturale non fa dimagrire, però abbinare meglio i prodotti e arricchire il piatto con più sapori aiuta, spesso la dieta viene percepita come riduzione del gusto invece a volte basta un migliore abbinamento, qualche spruzzo di limone, qualche erba aromatica, qualche spezia a rendere più gradevole il pasto e aumentare il nostro senso di soddisfazione del palato e di conseguenza di sazietà intesa come ricchezza e varietà di gusto.

Riferimenti:
Una Masic and Martin R Yeomans "Umami flavor enhances appetite but also increases satiety" Am J Clin Nutr August 2014 vol. 100 no. 2 532-538

Alimenti ricchi naturalmente di gusto Umami

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Quali alimenti si distinguono per quantità di gusto Umami

Quali alimenti sono caratterizzati dal gusto unami, hanno più glutammato naturale e isonilato:

Parmigiano Reggiano livelli naturali di glutammato (mg/100g): 1200

Salsa di soia livelli naturali di glutammato (mg/100g) :780

Tè verde livelli naturali di glutammato (mg/100g): 668

Prosciutto crudo: livelli naturali di glutammato (mg/100g): 337

Pomodori livelli naturali di glutammato (mg/100g): 246


Vongole livelli di glutammato naturale (mg / 100g): 208

Gamberi livelli naturali di inosinato (mg/100g): 188

Fughi shiitake secchi: livelli naturali di glutammato (mg/100g): 150

Capesante livelli di glutammato naturale (mg / 100g): 159 

Ostriche I livelli di glutammato naturale (mg / 100 g): 137

Manzo livelli naturali di glutammato naturale (mg/100g): 107

Cozze livelli di glutammato naturale (mg / 100 g): 105 


Patate livelli naturali di glutammato (mg/100g): 102

Soia livelli naturali di glutammato (mg/100g): 66

Patata dolce livelli naturali di glutammato(mg/100g): 60

Brodo di pollo: livelli naturali di glutammato (mg/100g): 40

Tonno livelli naturali di glutammato (mg/100g): 43

Carote livelli naturali di glutammato (mg/100g): 33

Fonte Umami Information Center

martedì 16 settembre 2014

Le abitudini alimentari si fissano nel primo anno di vita?

Elena C, Sorrento: Ho letto da più parti che le abitudini alimentari si fissano nel primo anno di vita e che l'obesità dipende da quello che si mangia nel primo anno di vita, è vero?

Si e no, negli ultimi anni c'è una specie di corsa verso la dimostrazione che alcune patologie si possono prevenire nel primo anno di vita o ancora prima, nel 1986 David Barker ha descritto un legame tra crescita intrauterina e sviluppo di cardiopatia ischemica, questo ha generato un nuovo segmento della ricerca medico scientifica sulla  nutrizione nel primo anno di vita e sugli effetti della salute a lungo termine, meglio noto in termine tecnico come  (DOHaD).

Attenzione però perchè l'egocentrismo dei ricercatori e il tentativo di portare più danaro alla propria ricerca scientifica, rischia d'abbagliare, non voglio parlare di manipolazione dei dati ma di vedere le cose solo da un punto di vista, ricordate quella ricerca che aveva trovato una relazione tra il consumo di cioccolato e la vincita del premio Nobel?


Quando si ha a che fare con patologie multifattoriali come l'Obesità è sempre difficile individuare le cause ed escludere una ricerca piuttosto che un altra, si possono trovare tante relazioni, tutte relazioni corrette ma che queste poi determinano causa ed effetto è molto difficile da dire.

Queste affermazioni pubbliche sull'alimentazione del lattante, non fanno altro che aumentare lo stress e l'ansia di neo mamme e neo papà, dall'alimentazione in gravidanza all'alimentazione nel primo anno di vita, trasformando il divezzamento una specie di ricerca scientifica personale, tranquilli dopo il primo figlio l'ansia svanisce e si diventa più ragionevoli, è una questione d'esercizio ve lo posso garantire personalmente, ricordate il miglior medico è colui che non vi mette nel panico ma che vi rende più tranquilli e sereni.


Le principali ricerche scientifiche:

Le nuove ricerche puntano sull'allattamento materno come fattore di prevenzione dell'Obesità e su un divezzamento che consente di proporre una varietà adeguata di frutta e verdura per sensibilizzare il lattante al gusto della frutta e delle verdura.

Il mese scorso è stata pubblicata una revisione di studi scientifici su Pediatric e analizza le diverse relazioni alcune positive altre parzialmente positive, sui comportamenti del primo anno di vita, valutate intorno ai 6 anni di vita

Lo studio di Li R, Breastfeeding is associated with reduced risk of infections at age 6 years, associa la durata dell'allattamento al seno con la bassa incidenza delle infezioni all'orecchio e alla gola ma non ha trovato alcuna associazione con le patologie delle alte via respiratorie o con le basse vie respiratorie e le infezioni del tratto urinario (molto frequenti nei lattanti).

La ricerca di Luccioli  Infant feeding practices and reported food allergies at six years of agequesta non trova associazioni significative tra la durata dell'allattamento al seno esclusivo e non con le allergie alimentari.

La ricerca di Pan  A longitudinal analysis of sugar-sweetened beverage intake during infancy and obesity at six years old, ha invece trovato una relazione tra il consumo di bevande zuccherate dei lattanti e la possibilità di sviluppare l'obesità, la probabilità è del 50%.

La ricerca di Lind JN, Breastfeeding and later psychosocial development of children at 6 years of agdel mette in relazione l'allattamento al seno con lo sviluppo psicosociale, la ricerca sostiene che l'alimentazione infantile può essere predittiva di alcuni risvolti della salute come malattie infettive e obesità infantile, ma non le allergie alimentari e lo sviluppo psicosociale.


La ricerca di Perrine Breastfeeding duration is associated with child diet at 6 years trova un' associazione tra durata dell'allattamento con un maggiore consumo d' acqua, frutta e verdura nei bambini,

La ricerca di Grimm Association of fruit and vegetable intake during infancy and early childhood indica che coloro che includono più verdure nel divezzamento del lattante, consumano una quota significativa di più porzioni di frutta e verdura all'età di 6 anni, non è chiaro se queste associazioni riflettono lo sviluppo del gusto iniziato durante la prima l'infanzia o se l'abitudine di mangiare frutta e verdura in famiglia influenza di più le scelte del bambino.

Come il supplememto di Pediatrics fa notare sono state trovate delle relazioni tra alcuni comportamenti del lattante e abitudini alimentari, questo responsabilizza i genitori verso scelte più sane e consapevoli, ma senza perdere la testa, non deve sorprendere il dato che se non si mangia la verdura fin dalla prima infanzia poi dopo i sei anni è difficile introdurre quest' abitudine.


Obesità e abitudini dal lattante all'adulto

In qualsiasi caso però alcune patologie come l'Obesità, essendo questa multifattoriale, può anche non dipendere solo da come il lattante si alimenta.

Sicuramente ci sono alcuni comportamenti che possono influenzare positivamente come l'allattamento al seno introduzione corretta di frutta e verdura nel divezzamento, altri comportamenti potenzialmente più negativi come salare alimenti nel primo anno di vita, dare ai bambini le bevande dolci, oppure alimenti troppo ricchi di zucchero o dolci, pasti troppo ricchi di proteine perchè possono istillare comportamenti non corretti.

Pur tuttavia dal momento che non conosciamo le vere cause dell'Obesità, che è una patologia complessa e multifattoriale, queste relazioni possono avere un indice di probabilità più o meno alto d'influenzare i comportamenti, ma che queste siano le cause determinanti dell'Obesità, non abbiamo nessun dato per affermarlo.


In sintesi se per caso, il nonno vi ha dato un pezzo di biscotto da lattante non è colpa sua se da adulti siete diventati obesi, esiste da adulti la responsabilità individuale che ci dovrebbe spingere a cercare di rimanere intatto il nostro patrimonio di salute con scelte consapevoli.

L'educazione alimentare è un percorso che coinvolge tutte le età, inizia dal lattante ma non si conclude al primo anno di vita, perché il senso del gusto del bambino cambia mano a mano che diventa grande, la famiglia ha il compito educativo costante nel tempo, da bambini da ragazzi e continua anche dopo i 18 anni per quanto mi riguarda.

Papà G.: Che hai mangiato, oggi?
Figlia A : Ma papà sono mamma e mi chiedi ancora cosa ho mangiato oggi?
Papà G: :Si, perché non ho mica smesso d'essere papà!

Riferimenti: 
Laurence M. Grummer-Strawn, PhDa,b, Ruowei Li, MD, PhDa, Cria G. Perrine, PhDa,b, Kelley S. Scanlon, PhD, RDa, and Sara B. Fein, PhDc Infant Feeding and Long-Term Outcomes: Results From the Year 6 Follow-Up of Children in the Infant Feeding Practices Study II, Pediatrics

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lunedì 8 settembre 2014

Pesce, tonno e mercurio, consumatori contro FDA

Notizia che arriva dall'America ma che in qualche modo ci riguarda, un associazione di consumatori ha pubblicato un dossier dove critica la posizione della Fda in riguardo alle raccomandazioni del consumo di pesce, pone l'accento sul pericolo del contenuto di mercurio, dal momento che il tonno sia fresco che in scatola è dopo il gambero il pesce più consumato negli Usa.

L'associazione di consumatori esprime disappunto con le raccomandazioni del consumo di pesce e ha chiesto alla Fda di spiegare meglio le raccomandazioni del consumo di pesce, in particolare alle donne in gravidanza e in allattamento e ai bambini al di sotto dei tre anni, perchè le raccomandazioni si basano sul rapporto tra il consumo di pesce e sviluppo corretto del feto, del cervello e del sistema nervoso.

La Fda consiglia di consumare almeno tra i 250 e 450 g di pesce alla settimana, di conseguenza più porzioni di pesce durante la settimana, ma non informa sufficientemente i consumatori sulla presenza e i pericoli del mercurio.

Il rapporto tonno mercurio si spiega con il fatto che il tonno si trova alla punta della piramide piramide alimentare del mare, poichè piccoli pesci vengono mangiati da pesci più grandi e cosi il mercurio si accumula più facilmente nelle carni.

Si invita a preferire pesci a più basso contenuto di mercurio come, capesante , sarde, sardine ( pesce azzurro), salmone selvaggio dell'Alaska, calamari e seppie, di questi pesci in media hanno un più basso contenuto di mercurio, che possono essere consumati senza problemi più volte a settimana.

Pesce a basso contenuto di mercurio come nasello, sogliola, sgombro atlantico, granchio.

Un contenuto più alto di mercurio è dei pesce predatori come appunto pesce spada e tonno, l'associazione americana fa anche una differenza tra varietà di tonno, sostenendo che il tonno bianco ha un contenuto di mercurio in media più alto di un tonno a pinna gialla, mentre un contenuto molto più basso per il tonno striato pertanto l'associazione invita ad un consumo occasionale o almeno di una volta alla settimana, ma anche di più se si tratta di tonno striato, mentre invita le donne in gravidanza ad pensare di limitare fortemente il consumo, anzi a dire il vero il dossier invita a non consumare tonno e spada ma altre specie di pesce a più basso contenuto di mercurio.


Dibattito scientifico e normativa in evoluzione
A sostenere l'associazione anche un gruppo di medici e ricercatori, i quali ritengono che i limite sia troppo alto, ( EPA che è di 0,1 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno). Sulla base di questo parametro il livello ematico di 5,8 microgrammi per litro di sangue è quello che l'agenzia considera un livello massimo accettabile. Ma questo orientamento è stato fissato più di dieci anni fa. Diversi studi pubblicati in seguito hanno dimostrato che gli effetti collaterali potrebbero verificarsi a bassi livelli ematici di mercurio, suggeriscono che il livello accettabile dovrebbe essere abbassata a 2 o 3 microgrammi di mercurio per litro di sangue.

Tuttavia il problema è nato in una inchiesta svolta dalla Fda sul mercato USA, dove nel testare i prodotti sul mercato hanno trovato che il 20% aveva livelli di mercurio superiori al consentito (il doppio), pertanto i livelli di mercurio saranno prossimamente oggetto di dibattito pubblico e di una nuova normativa in USA.

La polemica riguarda sopratutto il pesce catturato in cattività, oggi sempre più spesso i tonni vengono catturati e messe ad ingrassare in acquacoltura, per avere un tonno più grasso adatto per fare il sushi, ci sono in Italia nel mediterraneo e anche a Malta, la stessa cosa avviene in alcuni paesi dell'Oceano Indiano per avere tonni più grandi, in teoria in questo modo i livelli di mercurio sarebbero rilevabili e controllabili.
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In Europa 
Al momento in Europa esistono del limiti fissati dal Regolamento (CE) n. 1881/2006, che ha fissato 0,5 mg/kg per i pesci comuni e 1 mg/kg per lo squalo, pesce spada, tonno, rana pescatrice, che sono dei pesce predatori e quindi più a rischio.

Attualmente i livelli di consumo pro capite di pesce nella media sono bassi siamo su una al massimo due porzioni di pesce a settimana in qualsiasi caso sia le donne in gravidanza  o con bambini piccoli devono essere consapevoli che il consumo di pesce come tonno e spada  in più porzioni alla settimana si può potenzialmente andare oltre i limiti consentiti, modalità difficile visto i livelli di consumo pur tuttavia non impossibile.

Tutte le aziende dichiarano di avere i livelli di mercurio al di sotto dei limiti previsti, ritengo che tuttavia una comunicazione certificata in etichetta del contenuto di mercurio gioverebbe molto ai consumatori.


Il futuro del tonno e dei livelli di mercurio
Il problema è che la domanda di tonno cresce, non solo perchè cresce la domanda di pesce in scatola, ma in particolare di pesce fresco, settimana scorsa ero Helsinki e nel menù del ristorante c'era del tonno fresco, in una città lontana dal mediterraneo e dalla pesca del tonno. 
Nelle scelte al supermercato il consumatore è più portato verso pesci facili, pronti da cucinare, come appunto il salmone, pesce spada e il tonno, è inoltre fortemente aumentata in tutto il mondo, la domanda di sushi, di cui il tonno è una delle specie di pesce più utilizzate. 

Alta domanda e diminuzione sia della taglia e di numero di tonni pescati spinge al prezzo alto, tanto che una volta mangiare un insalata con il tonno era considerato un piatto povero a buon mercato, mentre oggi anche il tonno in scatola raggiunge il prezzo di 15-20 euro al kg sta diventando un prodotto sempre più caro.

Oltre ai prezzi del tonno salgono anche i livelli di mercurio nel mare, i livelli di mercurio nel nord dell'Oceano Pacifico sono aumentate di circa il 30 per cento negli ultimi 20 anni e si prevede un aumento del 50 per cento in più entro il 2050, come l'aumento delle emissioni di mercurio industriale, secondo uno studio del 2009 condotto da ricercatori presso l'US Geological Survey e l'Università di Harvard.

Sintesi:  l'invito a consumare più porzioni di pesce rimane assolutamente valido, quello che invece si può fare è variare il consumo di pesce, preferendo quei pesci a più basso o a basso contenuto di mercurio, consumando saltuariamente pesci come il tonno e il pesce spada, come di fatto già avviene quindi nessun allarmismo, tra l'altro sono pesci anche molto cari, il loro prezzo parte da 30/40 euro al kg, ad essere poveri qualche volta ci si guadagna!

Fonte : Consumer Report



martedì 2 settembre 2014

Consumo di sale e sclerosi multipla

Veronica C, Torino : é vero che l'eccesso di sale è la causa della sclerosi multipla?

No, seppure in questi giorni se ne è parlato molto sulle riviste scientifiche e sui quotidiani, nel riportare uno studio sui malati di sclerosi multipla, si è equivocato molto, invito a leggere il mio post del marzo 2013, dove ho recensito uno studio che mette in relazione il consumo di sale con le malattie autoimmuni, che include anche la Sclerosi Multipla

Dal momento che qualche anno fa l' OMS ha invitato a ridurre il quantitativo di sale, il cui consumo supera il doppio dei livelli raccomandati si è collegato il consumo eccessivo di sale a tutte le possibili patologie dall'alluce valgo al gomito del tennista.

L'eziologia o meglio le cause della Sclerosi Multipla non sono note, non si conoscono, si è portati a pensare a un mix di fattori genetici, ambientale e infettivi, nessuno di questi fattori sembra che sia determinante piuttosto una possibile concausa.

Si era parlato di genetica ma nonostante si sia trovato una possibile causa nelle alterazioni dell' antigene leucitario umano HLA, questo non ha dato negli studi dei risultati interessanti, non si può parlare d'ereditarietà o per lo meno c'è un indice di probabilità del 20% ma che può dipendere anche dai fattori ambientali, negli anni si è parlato molto d'esposizione al sole, di carenza di Vitamina D, esposizione a solventi, fumo, terapie ormonali, ma nessuna di queste ha dato una risposta certa. 
Quello che però è importante è che è una patologia legata al sesso femminile 3:1 rispetto al sesso maschile, o meglio le donne sono più a rischio rispetto agli uomini.

Si è correlato l'eziologia della Sclerosi Multipla anche alle malattie infettive come virus Epstain Barr, quello della Mononucleosi infettiva, ad Morbillo e Rosolia, ma nessuno nemmeno in questo caso ha dato una risposta certa.

Pertanto quello che lo studio pubblicato su Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry  svolto presso Istituto di Ricerca di Neurologia Buenos Aires (Argentina) in collaborazione con il Professor Francisco Quintana, Harvard (USA),  dimostra che i pazienti con Sclerosi Multipla che hanno consumato una quantità moderata di sale  (da 2 a 4,8 g / die) il progredire della malattia è stato più lento rispetto al gruppo che consumava una quantità di sale superiore.

Al centro del dibattito scientifico nel rapporto tra sodio e immunologia sono le cellule Th17 che in presenza d'eccesso di sodio nell'alimentazione si moltiplicano più facilmente.

Sintesi: anche se esiste questa relazione tra sodio e sclerosi multipla, non abbiamo elementi per dire che il sale/sodio sia la causa della Sclerosi multipla, certo è consigliabile a prescindere la riduzione di sale nell' alimentazione in qualsiasi caso.

Una sola nota, sono andato l'altro giorno a trovare mia cugina e mi dice io il sale non lo uso più in cucina, mentre mangia un pacchetto di patatine fritte! Cugina mia e non, quello che voglio dire che il sale da tavola è il 20% del sale che si assume durante il giorno la maggior parte del sale/sodio arriva dai cibi già pronti ed è su questi che dobbiamo imparare a controllare se vogliamo ridurre l'apporto di sale, leggere le etichette il quantitativo di sale o sodio.

Assunzione raccomandata di sale / sodio: Fabbisogno fisiologico di sale: meno di 2 g /die. Fabbisogno consigliato OMS: 6 g/die  di  sale o 2,4 g di sodio.

Riferimenti: Mauricio F Farez, Marcela P Fiol, María I Gaitán, Francisco J Quintana, Jorge Correale "Sodium intake is associated with increased disease activity in multiple sclerosis" Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry doi:10.1136/jnnp-2014-307928

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