Camminando
per Milano rimango sorpreso dalla quantità di ristoranti di sushi, ci sono secondo me più ristoranti di sushi
a Milano che a Tokyo, non
solo sono pieni, ma c'è anche la coda per entrare, siamo sicuri che vendano
solo sushi? La stessa cosa si può dire delle pizzerie napoletane e dell'offerta
dei cannoli siciliani che abbondano a ogni via.
La città di Milano è una delle piazze più ambite dalle aziende alimentari, la città può contare su un alto numero di clienti potenziali ad alto reddito e forte propensione al consumo .
I residenti, i pendolari, i residenti temporanei, city users e i turisti, tanto che quest'anno per la prima volta Milano può competere con Roma e Firenze. Tutti insieme esprimono una domanda d'almeno due volte superiore rispetto al numero dei residenti ( fonte Fipe).
La mia idea di Milano è forse datata, la città ostenta un anima multietnica sopratutto quando si parla di cucina.
Quello che mi ha lasciato sorpreso è il settore della Pasticceria, dove in pochi anni sono arrivati i grandi marchi della Pasticceria Francese.
Il gruppo finanziario del lusso francese LVMH ha acquistato la celebre Pasticceria Cova di via Montenapoleone, in poco tempo è arrivato Laduree in via Spadari, conosciuto in tutto il mondo per i macaron, Patisserie des Reves in Corso Magenta (il 10 Ottobre seconda apertura in Piazza Oberdan), Maison Pascal Caffet in via San Vittore, la pasticceria del ristorante Le Vrai in via Galileo Galilei, Atelier du pan in via Carducci, ben 4 punti vendita invece per l'Eclair de Genie, ai punti di vendita di Corso di Porta Ticinese, Corso Garibaldi e della Rinascente a giorni si aggiungerà il punto vendita di Piazzale Baracca, ultima apertura in ordine cronologico in via Statuto A la Follie di DeliFrance.
Non di meno il settore del gelato dove l'azienda francese d'Orly Amorino ha aperto un punto vendita nella
Galleria Vittorio Emanuele, il salotto esclusivo della città che ospita Prada,
Versace e Armani.
Si annunciano già delle nuove aperture nel 2018 sempre di grandi marchi della Pasticceria Francese.
Si annunciano già delle nuove aperture nel 2018 sempre di grandi marchi della Pasticceria Francese.
Perfino un imprenditore italiano Sergio Cavazzeni ha aperto
a Milano in Via Mazzini la Pasticceria Serge, una pasticceria di solo Macaron, Cannoncini e Brioche alla crema
farciti al momento. Il nome Serge un chiaro riferimento alla Francia, oltre che essere un omaggio , un segno di qualità nella pasticceria.
La domanda che è logico porsi è, come mai?
Quest'invasione d'oltralpe? Perché
le pasticcerie italiane chiudono o rimangono in difficoltà e quelle francesi si
moltiplicano?
Cambiamento di gusto, Milano è sempre stata una città tradizionale
dal punto di vista gastronomico, una città che fino a ieri premiava la
tradizione. Se invitavi qualcuno a cena, come dolce portava Amor Polenta, la Torta Paradiso, la
Sbrisolona, dolci buoni ma molto semplici che testimoniavano l'origine
povera, la provenienza contadina dove i dolci erano considerati qualcosa di più
e solo per le feste comandate, era un lusso sprecare la farina per fare dolci.
Il gusto inizia a cambiare con i nuovi flussi migratori
degli anni '60 e '70 s’iniziano ad apprezzare la pasticceria piemontese, napoletana e siciliana, dagli anni '80 i lombardi vanno sempre di più all'estero
sia per lavoro sia per vacanza, il gusto si modifica, si amplia e inizia ad
apprezzare sapori più ricchi e ricercati della Pasticceria Francese.
Esempio del Bignè e dell'Eclair
Facciamo un esempio pratico sui bignè (di scuola francese)
ma che troviamo in tutte le pasticcerie e dell'Eclair de Genie, che in
poco tempo è al quarto punto vendita in città un successo che fino a qualche
tempo fa era impensabile.
Quando andiamo in una pasticceria italiana in genere,
troviamo dei bignè buoni freschi alla vaniglia o al cioccolato, proprio se
capiti nel giorno giusto qualche volta allo zabaione. Se invece andiamo da
L'Eclair de Genie, troviamo gli Eclair dei bignè di pasta chou più lunghi, farciti di crema
al gusto di Pistacchio e Lampone, Arancio e Yuzu, Cocco Lampone, Cioccolato
frizzante, Fichi e Aceto Balsamico, alle Fragoline di Bosco e altri a secondo
della stagionalità, questo vuole dire una ricchezza di gusto e di varietà che
invece le pasticcerie italiane tradizionali non sanno offrire.
Rinnovare l'offerta in Pasticceria
Il gusto è cambiato si è fatto più ricercato ma questo da
solo non piega il fenomeno, io sono certo che il problema sia la formazione dei
pasticceri, l'origine della materia prima, l'utilizzo degli ingredienti, ma
anche nell'uso dei prodotti semi lavorati in pasticceria.
Nonostante le pasticcerie Italiane paventano artigianalità
l'uso di basi e prodotti già pronti sono molto evidenti, la stessa cosa per le
pasticcerie Francesi, anche se queste dichiarano d'avere laboratori in Italia e noi ci
crediamo per sfornare dolci freschi tutti i giorni, ogni tanto mi sorge il dubbio in qualche marchio che si tratta di prodotti surgelati oppure realizzati con semilavorati .
Più che una guerra all'artigianalità forse è una disputa per
l'industria del dolce?
In questo senso forse i francesi riescono a raccogliere
i gusti del pubblico perché sono più bravi, forse sanno trattare meglio sia le
materie prime che i semilavorati, hanno più esperienza e familiarità nell'uso di certi prodotti.
Un problema culturale
Faccio un esempio pratico, pasticceria milanese molto alla
moda, banco dei dolci, offerta di bignè, cannoncini, paste frolle, brioche, in
un angolo vedo un dolce, un po' tenuto da parte, chiedo cos'è uno strudel di prugne, lo teniamo per i nostri clienti più tradizionali, un dolce di stagione,
è buono ma poco richiesto. In effetti, aveva un ottimo sapore, originale, con
poco zucchero perché bastava quello contenuto nelle prugne.
Forse non si è valorizzato abbastanza le potenzialità dei
dolci tradizionali che possono competere con l'alta pasticceria, è vero che siamo
storditi da sfogliatelle surgelate, dai babà che nuotano nello sciroppo
aromatizzato al rhum, ai cannoli riempiti di finta crema di ricotta e sciroppo
di glucosio, ma forse si poteva fare qualcosa di diverso.
C'è una tradizione dolciaria da rivalutare
Non parlo della Pasticceria Piemontese, Napoletana e Siciliana già nota, ma secondo me c'è ancora un mondo da scoprire a livello nazionale della
Pasticceria, mi viene in mente la torta Zena di Genova, la Polacca d'Aversa,
la torta di amarene e ricotta di Roma, la torta di latte e camomilla della Val
Sesia, la Torta di Castagne della Valle d'Isarco, i dolci al Bergamotto della Calabria, solo per citarne alcune, un
patrimonio culturale che andrebbe valorizzato ma anche trasformato al meglio
per competere sul mercato.
C'è bisogno di maestri pasticceri che invece che imitare un
prodotto francese, partendo dal territorio locale sappiano portare questi dolci
d'origine casalinga a dei dolci d'alta pasticceria, si tratta di un progetto
tecnicamente impegnativo ma anche creativamente molto interessante.
C'è una domanda di pasticceria di qualità che la pasticceria italiana non è riuscita a intercettare, nonostante la Pasticceria Francese sia più cara questo non interessa i suoi frequentatori, i quali trovano giustificato e soddisfacente spendere di più.
C'è una domanda di pasticceria di qualità che la pasticceria italiana non è riuscita a intercettare, nonostante la Pasticceria Francese sia più cara questo non interessa i suoi frequentatori, i quali trovano giustificato e soddisfacente spendere di più.
Una volta Maurizio Santin mi disse: "è che in Italia non
abbiamo codificato la tecnica pasticcera come hanno fatto in Francia, andiamo
in Francia a imparare ma poi non applichiamo la tecnologia che abbiamo imparato
sui dolci italiani della tradizione e si riproducono solo i dolci francesi, perché
è più facile e meno impegnativo".
Un problema manageriale
Le pasticcerie Francesi conquistano il mercato anche per le capacità manageriali, avere un solo laboratorio centrale, avere più punti vendita sparsi in tutto il mondo necessita di una gestione diversa dell'organizzazione, della lavorazione, dei costi.
Non è un caso che per esempio Igino Massari, uno dei pasticceri italiani più famosi che punta sulla qualità, abbia un solo punto vendita a Brescia, la Pasticceria Marchesi ha sempre avuto un solo punto vendita dal 1824, solo dopo l'acquisto del gruppo Prada del 2014 ha aperto altri tre punti vendita dopo 190 anni.
Non è un caso che per esempio Igino Massari, uno dei pasticceri italiani più famosi che punta sulla qualità, abbia un solo punto vendita a Brescia, la Pasticceria Marchesi ha sempre avuto un solo punto vendita dal 1824, solo dopo l'acquisto del gruppo Prada del 2014 ha aperto altri tre punti vendita dopo 190 anni.
Questo vuole dire una carenza a livello manageriale delle Pasticcerie Italiane essere solo bravi pasticceri, per soddisfare i clienti oggi non basta più.
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