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venerdì 2 ottobre 2020

Spreco alimentare e Covid 19


Lo scorso 29 settembre è stata la Giornata Internazionale della consapevolezza della perdita e dello  spreco alimentare.

L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) e i loro partner hanno esortato tutti a fare di più per ridurre le perdite alimentari, tenendo conto che ogni anno vengono sprecate per più ragioni un terzo del cibo commestibile . 

I dati pubblicati indicano che nel mondo ci sono  690 milioni di persone che non riescono a soddisfare il bisogno di alimentarsi in modo sufficiente e 3 miliardi non sono in gradi di permettersi una dieta sana.

Negli ultimi 5 anni la fame o meglio la mancanza d'alimentarsi in modo costante e soddisfacente è in crescita e la pandemia di COVID-19 minaccia la sicurezza alimentare.

La pandemia Covid 19 si è inserita in un momento in cui il mondo si trova ad affrontare un declino dell'ecosistema del pianeta e le conseguenze del cambiamento climatico, che mette a dura prova le coltivazione d'alimenti base per la popolazione umana.

Anche quest'anno abbiamo assistito a un aumento della perdita di cibo e degli sprechi a causa delle restrizioni di movimento e di trasporto dovute al lockdown.

D'altronde il cibo è una merce altamente deperibile, sistemi non idonei di trasporto,  di conservazione, di stoccaggio e di distribuzione hanno fatto perdere il 14 per cento del cibo prima che arrivasse sul mercato.  

Le notizie che arrivano da più fonti non sono rassicuranti, in quanto in molti paesi a causa del covid, raccolti di frutta, verdure e cereali rischiano di non essere adeguatamente svolti.

Un esempio piccolo ma esemplificativo : in Etiopia non si potrà raccogliere il sesamo, un alimento base per alcuni paesi africani, che vuole dire anche mancanza d'introiti dell'esportazione oltre ad una mancanza locale di un alimento base, un danno sia economico che alimentare.

La stessa cosa in India, Laos, Birmania la coltivazione e la raccolta del riso ha problemi e in Sud America di diverse materie prime come Caffè, Cacao e Quinoa.

Effetto Covid 19 nel settore alimentare al momento è sottovalutato nei paesi ricchi dove ci sono più opzioni di scelta mentre può essere deleterio in quei paesi dove le economie sono già al limite.

Lo spreco torna argomento d'attualità che riguarda il consumatore si ma anche l'intera filiera agroalimentare, basta pensare a tutto quel cibo creato per catturare l'attenzione del cliente ma che tutte le sere finisce in pattumiera nei negozi e nei centri commerciali.

Possa il Covid 19 creare maggiore sensibilità intorno a questo tema, ma eviterei come fanno certi chef alla spettacolarizzazione di quest'argomento.

Fanno gli chef nei ristoranti stellati Michelin con ingredienti discutibili per il loro impatto ambientale  e poi fanno i "profeti " dello spreco alimentare, anche no grazie!

martedì 22 settembre 2020

Effetto Covid 19: aumento della domanda di grano


In questi giorni leggevo i dati dell'aumento delle materie prime nel 2020, quello che mi è balzato all'occhio è l'aumento del prezzo del grano mi sono chiesto ma c'è un legame con il Covid 19?

Chi è ancora fresco di scuola, ricorderà sicuramente l'arrivo di Renzo a Milano è la rivolta del Pane, chiamata anche Tumulto di San Martino, generato dall'aumento del prezzo del grano.

Sempre nei Promessi Sposi, qualche capitolo dopo ci parla della peste a Milano

Storicamente è stato provato che esiste un collegamento tra carestie ed grandi epidemie, le une possono generare le altre e viceversa ma possono essere state generate da più fattori come:  

- la cattiva conservazione delle derrate alimentari.

- il lavoro agricolo era per la maggior parte manuale e le guerre e le epidemie privavano della forza lavoro le campagne

Raccolti scarsi non riuscivano a soddisfare la domanda di farina questo generava un aumento del prezzo, che veniva anche influenzato dalle tasse e dai tributi.



Perché aumenta la domanda di grano?

Inutile negare che gli acquisti fatti nella primavera del 2020 durante il Lockdown , le grandi scorte di pasta e farina hanno fatta crescere la domanda.

L'esempio più curioso è stato sul mercato inglese dove sono andate perfino esaurite le confezioni di pasta già cotta in barattolo.

Ad aumentare il prezzo non è solo la domanda, ricordiamo che solo circa il 60-/65% della produzione di grano è rivolta alla produzione alimentare l'altra percentuale è rivolta per la maggior parte alla produzione di biocarburanti.

Ci sono più variabili che possono giocare un ruolo importante nell'andamento del prezzo come le scorte, le riserva immagazzinate, l'andamento economico e climatico dei maggiori paesi produttori come Unione Europea, Cina, India, Stati Uniti, Russia e Canada, la speculazione finanziaria sui futures dedicato ai prodotti agricoli.

Un dato importante è che tutti i principali paesi produttori sono stati toccati dal Covid 19 in modo importante, fortunatamente oggi la maggior parte del lavoro è meccanizzato per cui la forza lavoro non è più cosi importante. In Europa il raccolto di Giugno non ha dato flessioni a livello quantitativo sul raccolto.



Fattori del rinnovamento della domanda di grano 

Ci sono però dei fattori che non sono strettamente legati al covid che vede un aumento della domanda di grano, considerato da sempre un prodotto naturale e tradizionale nella storia dell'uomo.

L'evoluzione della domanda alimentare porta a rivalutare il grano come uno degli ingredienti che risponde meglio alle nuove esigenze nutrizionali (fatta eccezione per i nostri amici Gluten-Free).

Che vede profili alimentari con meno prodotti carnei, facili preparazione del cibo e nutrizione sana ed eticamente giustificabile.

1) In particolare ritroviamo il grano protagonista in molti prodotti per un alimentazione vegana e vegetariana. 

Le proteine del grano ottimizzano la consistenza e il profilo nutrizionale di questi prodotti, questo secondo molti ricercatori può contribuire a ridurre il consumo di carne e di conseguenza a un migliore profilo ecologico.

2) Si può anche trovare sul mercato il grano di materia prima tradizionale è coltivato a livello regionale e/o locale offre standard di alta qualità e processi rispettosi dell'ambiente.

3) Negli ultimi sono riprese le coltivazioni di cereali e grani antichi dimenticate dall'era industriale che meglio rispondono alle nuove esigenze nutrizionali, alcune di queste varietà hanno un basso contenuto di glutine. 

4) Nella lavorazione del grano non ci sono scarti tutti viene utilizzato questo lo rende un prodotto altamente sostenibile non avendo scarti industriali.

5) Gli amidi del grano negli ultimi anni si sono diffusi in molte preparazioni alimentari come miglioratori della stabilità, la consistenza e il sapore, prolungando la durata di conservazione e influenzando  il profilo nutrizionale dei prodotti alimentari.



Sintesi

Aumenta la domanda di grano è logico attendersi a breve un aumento dei prezzi dei prodotti (nonostante la crescita della popolazione gluten-free).

Le motivazioni sono solo in parte collegate al Covid 19 che certo crea incertezza nei mercati per il coinvolgimento dei principali paesi produttori (UE, Usa, Urss, Cina).

Ci sono ragioni anche dovute ad un nuovo approccio al cibo che porta a considerate in modo positivo le alternative alimentari con all'interno proteine del grano e per l'industria utilizzo facile degli amidi derivati dal grano nella formulazione dei prodotti alimentari.


lunedì 14 ottobre 2019

Pasta ai legumi, sono buone queste novità?

Valentina R.,Verona : la novità delle pasta con farina di legumi sono buone?

Parlare proprio di novità in assoluto della pasta con farina di legumi è un po' azzardato, in quanto per tradizione in molte regioni italiane per problemi di disponibilità economica, perchè la farina bianca costava, per preparare la pasta in casa si utilizzava la farina bianca o semola di grano duro con farine di altri cereali ma anche con farine di legumi come la farina di ceci.

Una tradizione dimenticata nei primi anni del boom economico, ripresa poi negli '70 dalle comunità vegane e vegetariane, negli anni '80 dalla ricerca di un alimentazione più naturale e del movimento slow food degli anni '90, hanno portato alla ri scoperta delle varietà di pasta con farine di più cereali e di legumi.

Se nel passato si mescolava farina bianca con altre farina tra cui i legumi, oggi per la maggior parte dei casi possiamo trovare nei supermercato pasta al 100% con farina di legumi come ceci e lenticchie (controllare sempre la lista ingredienti, non mancano paste con farina di riso) si rivolgono soprattutto alle persone intolleranti al glutine.


Vantaggi rispetto alla pasta tradizionale?

Sono paste in genere più ricche di proteine, di fibra e di sali minerali che arrivano dalle proprietà dei legumi secchi, il vantaggio rispetto ai legumi secchi e che non necessitano d'ammollo e di lunghi tempi di cottura.

Hanno un alto indice di sazietà, alcune potrebbero avere inoltre un indice glicemico più alto della pasta tradizionale, per questo e anche per il gusto e la consistenza è bene cuocere la pasta al dente.

Dal punto di vista del gusto, la pasta di legumi non ha la stessa consistenza ed elasticità della pasta di grano, però condita con un ottimo formaggio saporito può essere un modo molto semplici di fare mangiare porzioni di legumi ai bambini.


Perchè il mix farina di legumi e cereali è una combinazione interessante?

Le paste di legumi si possono consumare al posto delle porzioni di legumi, tuttavia per garantire nella dieta tutti gli amminoacidi essenziali è bene a seconda delle necessità personali integrare il pasto con cereali come riso, grano saraceno, quinoa.

Personalmente per coloro che non sono intolleranti al glutine potrebbe essere più indicato una combinazione di farina di grano duro e farina di legumi. Già un 35% di farina di legumi nella preparazione della pasta tradizionale, permette di avere un alimento unico, che combina i benefici nutrizionali sia dei cereali che dei legumi.

Può essere una buona base per una dieta vegetariana (nessuno inventa nulla di nuovo siamo nella ricetta della nonna della pasta e fagioli, pasta e ceci, pasta e lenticchie).


Proteine vegetali e Ambiente

Il vantaggio più evidente riguarda invece l'ambiente perchè il consumo di proteine vegetali al posto di proteine animali può contribuire a ridurre le emissione di Co2 nell'atmosfera.


Confronto tabelle nutrizionali, prezzo e posizionamento

Abbiamo preso abbastanza a caso alcuni prodotti presenti sul mercato e le relative tabelle nutrizionali come abbiamo detto il profile nutrizionale delle paste dei legumi rispetto alle paste con grano e semola di grano duro hanno un apporto più elevato di proteine e fibre.

Interessante il marchio Felicia, una pasta realizzata con materie prime provenienti da agricoltura biologica, è l'unico a indicare anche il contenuto di sali minerali, per tutti gli altri marchi manca questo valore è un peccato non valorizzarlo sul profilo nutrizionale del prodotto. 

Una scelta da parte delle aziende dal punto di vista della comunicazione di dare importanza alle proteine e per nulla ai sali minerali e vitamine.

Quelle che si può notare è il prezzo al kg la pasta di legumi costa quasi 5 volte in più (esattamente il 4,7 volte in più) da 2,70 a 12,40. Nella spesa quotidiano si nota meno perchè le confezioni in vendita sono più piccole, in genere di 200 e 250 g mentre la pasta di grano viene venduta in confezioni di almeno 500g.

Mancano invece nella grande distribuzione la pasta fatte miste di farine di cereali come il grano e farine di legumi che comunque sono presenti in qualche shop d'alimentazione vegana.

Un prodotto se pure nato per soddisfare le esigenze degli intolleranti al glutine strizza l'occhio per coloro che seguono un alimentazione adatta alla pratica di un attività sportiva professionale.

Una sola riflessione di come sia caro mangiare senza glutine, i legumi secchi che hanno un prezzo basso e sono la base delle popolazioni più povere, trasformati in farina e poi in pasta diventano un prodotto premium.


lunedì 10 giugno 2019

Il sapore amaro della ciliegia

"Prezzi delle ciliegie schizzano al rialzo", c'è molto clamore per il prezzo e la bassa qualità delle ciliegie. Il tempo atmosferico ha rovinato la raccolta del mese di maggio, il costo di più di dieci euro al kg. è finito nelle prime pagine dei quotidiani. 

Solo se la pioggia lo consente, avremo delle ciliegie mediamente buone questo mese di Giugno con una netta riduzione della produzione. 

Vorrei fare conoscere se è possibile un altro aspetto della ciliegia, quello dei produttori per rilevare il lavoro che c'è dietro.

L'Italia è il sesto produttore al mondo di ciliegie nel 2017 con 118.259 tonnellate su una superficie coltivata di 30.103 ettari (fonte Faostat), mentre Turchia, Stati Uniti, Iran, Uzbekistan e Cile sono i maggiori produttori. Le quote di mercato lasciate libere dall'Italia sono state coperte da Turchia, Iran più Grecia e Spagna che hanno avuto un meteo più favorevole rispetto all'Italia, tuttavia i prezzi andranno verso l'alto per la scarsa offerta.

Un altro dato su cui l'Italia deve riflettere è che la produzione di ciliegie per il 55% riguarda solo due regioni Puglia e Campania e se aggiungiamo Veneto ed Emilia Romagna, raggiungiamo l'81% , in parole semplici la produzione è concentrata in poche aree, basta un area coinvolta dal maltempo che la produzione scende e il prezzo sale. Questo rende il sistema di produzione troppo debole e dipendente dal meteo.


Durante l'International Cherry Symposium tenuto a Vignola i giorni scorsi si è parlato della futura coltivazione del ciliegio che passa attraverso l'innovazione, nuovo varietà di ciliegie che devono rispondere ad aspettative del consumatore con grosso calibro, croccantezza  e buone proprietà organolettiche e per gli agricoltori buona densità per produrre una ciliegia di qualità con la media di almeno 500 - 600 piante per ettaro.

Per avviare un terreno a ciliegio c'è il costo della preparazione del terreno, della messa a dimora delle piante un costo di 70.000/80.000 euro per ettaro in più impianti di copertura anti pioggia e anti insetto.

Visto l'alto costo d'investimento, oggi si va verso una cerisocoltura di precisione con trattamento del terreno e delle piante già in autunno e nel periodo primaverile dei sensori posti sul fusto dell'albero che forniscono indicazioni per reagire il tempo reale alle variazioni climatiche 

I nemici sono oltre il verme che colpisce le zone collinari, la drosophila suzukii chiamata anche moscerino dei piccoli frutti che colpisce quando la ciliegia è matura e il craking cioè la rottura della polpa. Sono in sperimentazione trattamenti sostenibili e varietà più resistenti.


Per essere produttori di ciliegia bisogna essere imprenditori con belle buone conoscenze anche tecnologiche cosi segnalo un ragazzo diciannovenne Elia Fedrigo, in questi giorni sta facendo parlare di sé per aver messo in pratica il metodo della coltivazione in serra di Gregory Lang, della Michigan State University (Usa), fautore delle ciliegie coltivate in tunnel.

Cosi Elia ha messo dei tunnel multipli dove ha impiantato ciliegi ad altissima densità secondo il nuovissimo sistema denominato Upright fruiting offshoot., in questo modo è riuscito  a limitare i danni di produzione.

La grande dimensione degli alberi e la natura delicata dei suoi frutti rendono la coltivazione delle ciliegie tra le colture con maggiore intensità di lavoro. Proprio per questo mi ha fatto piacere citare questo ragazzo. C'è una nuova Italia per il futuro molto più preparata e intraprendente di quanto si pensi.

sabato 16 febbraio 2019

La frutta e verdura più contaminata da pesticidi

Durante la Conferenza Internazionale dalle Sicurezza Alimentare, organizzato dalla Fao ad Addis Abeba è stato dichiarato che nel mondo gli alimenti non sicuri da un punto di vista igienico-sanitario (incluse le sostanze chimiche) causano 600 milioni di malati e 420mila morti ogni anno.

Dati forse allarmanti ma che rimandano a una realtà che solo in minima parte coinvolge i paesi più ricchi come l' Europa che hanno più mezzi, economici, legislativi e tecnologici per garantirsi alimenti con meno contaminanti.

L'associazione Generation future nei giorni scorso ha pubblicato un dossier molto interessante sui residui di pesticidi nella frutta e verdura, anche se la ricerca e la campionatura riguarda il mercato francese si può facilmente estendere a tutti i paesi europei.


Questa classificazione ci è utile come riflessioni sui prodotti che si acquistano.

L'analisi svolta da Generation Future ha trovato residui di pesticidi nel 72,6% della frutta e nel 41% delle verdure, singolare questo dato che pone più attenzione alla frutta che alla verdura, perché se la frutta non è bella non ha appeal per l'acquisto.

Com'è originale che i frutti meno contaminati dai pesticidi sono l'avocado il kiwi e le prugne per diverse ragioni i primi due perché hanno una buccia molto spessa e dura che protegge il frutta dagli insetti mentre le prugne sono dei frutti che poco si adattano alla coltura intensiva. 

Mentre i frutti più contaminati sono stati: fragole, ciliegie, uva, pompelmi, arance, mandarini, pesche.

Per le verdure invece le meno contaminate sono: asparagi, barbabietole e il cavolfiore.

Tra le verdure le più contaminate. sedano, erbe fresche, indivia, sedano rapa, lattuga e il peperone.


Non è il caso di creare allarmismi, solo qualche consiglio semplice, se l'offerta lo consente privilegiate prodotti biologici certificati, di provenienza meglio se locale e di stagione.

In più potete lavare attentamente frutta e verdura con acqua e bicarbonato: non servirà a rimuovere tutti i pesticidi, ma aiuta ed diminuirne la quantità.

Sbucciate gli alimenti prima del consumo, al che non eliminerà totalmente il rischio di pesticidi perché ci sono quelli che riescono a penetrare anche nella polpa ma c'è la possibilità di ridurre il rischio.

Oltre al nostro contributo dovrà esserci quello istituzionale che si impegna nei controlli per garantire al consumatori prodotti più sicuri.

Per Elena



giovedì 15 novembre 2018

Il farro dal Medioevo all'Economia 2.0

Loredana T. B., Milano: vorrei sapere a cosa si deve tutto questo successo del farro che trovo sempre di più nei prodotti al supermercato e anche nelle pasticcerie? Cos' ha di cosi speciale?

Qualche anno fa avevo anticipato che ci sarebbe stato un ritorno ai cereali antichi, questo sguardo verso il passato ha fatto scoprire a molti il farro, che ha una storia in Italia legata al territorio e alla caparbietà di alcuni contadini di rimanere viva una grande e vecchia tradizione.

Quando si parla di farro bisogna distinguere tre varietà ( che fanno parte del genere Triticum come grano duro e grano tenero) :

Farro piccolo o farro monococco (Triticum monococcum), chiamato anche Grano di Einkorn
Farro medio o farro dicocco o semplicemente farro (Triticum dicoccum), chiamato anche Farro Italiano.
Farro grande o farro spelta o semplicemente spelta (Triticum spelta), chiamato anche Grano dei Galli

Si tratta di uno dei primi cereali coltivati dall'uomo, la sua massima diffusione è stato il Medioevo, con alterne fortune fino all'800 quando nuove varietà di grano, orzo e avena grazie ad una maggiore resa ne sostituiscono la coltivazione.

Tutt'oggi se il grano tenero rende dai 25-90 q/ha (quintale/ettaro) e 15-50 q/ha per il grano duro, il farro ha una resa più modesta tra i 20 e i 30 q/ha

Seppure non redditizio molti contadini hanno continuato a coltivarlo per tradizione nell'Italia Centrale (Toscana, Molise, Umbria).


In Italia la riscoperta del farro segue il movimenti hippies degli anni '60 e '70, dove della piccole comunità occupano paesi abbandonati in centro Italia. La ricerca di un ritorno ad una vita più vicino alla natura porterà alla riscoperta di un agricoltura non intensiva e delle antiche varietà coltivate localmente di frutta, verdura e cereali.

Negli anni '80 sarà la cultura dei prodotti da agricoltura biologica ad ampliare e valorizzare il mercato del farro un trend che prosegue ancora oggi e che garantisce un prezzo più alto che rende conveniente la sua coltivazione di bassa resa.


Perché si è cosi tanto diffuso utilizzo del farro e in particolare del farro italiano?

1) Il farro vanta un genoma non modificato. Una pianta che cresce in terreni poveri resistente al freddo e alla siccità.

2) La maggior parte del farro in commercio arriva da coltivazione biologica, una pianta forte che non necessita di una massiccio intervento di trattamenti.

3) Origine e provenienza Italiana, Toscana (Farro della Garfagnana IGP), Lazio (Rieti), Umbria (Val Nerina, Val Corneo), Molise, Marche, rassicura il consumatore rispetto a un cereale che arriva dall'Ucraina, Australia, Canada.

4) Molto facile da adoperare in cucina al posto della farina di grano al quale siamo più abituati, è bianca lo stesso, mentre altre farine di cereali necessitano una maggiore conoscenza ed esperienza per sostituire la farina bianca 00. Si possono fare pane come in foto, biscotti, focacce, dolci.

5) Il gusto è molto piacevole ad alcuni ricorda la nocciola con una qualche nota di sapore di miele, il pane in modo particolare assume un bel colore dorato.

6) Alimenti ad alto valore nutrizionale, lo abbiamo visto nel post precedente la considerazione che viene data ad alcuni nutrienti rispetto ad altri da consumatori ed esperti  del settore, il farro si adatta  perfettamente dato dall' alto tenore di  proteine, fibre e sali minerali come il magnesio rispetto ad altri cereali.

7) Il farro contiene glutine, ma molto meno del grano tanto che persone sensibili al glutine, non hanno alcun problema con il farro, la sensibilità al glutine è soggettiva, è un dato interessante ma che non può essere generalizzato.

8) Alto indice di sazietà secondo alcuni ricercatori grazie al fatto che assorbe molta acqua durante la cottura ha un alto indice di sazietà

9) Un basso indice glicemico, il farro in particolare il farro dicoccum, che si adatta ad un alimentazione per coloro che praticano attività sportiva ma anche coloro che devono affrontare una dieta ipocalorica (è il cereale meno calorico)

10) La storia ha un suo fascino, sapere di potere mangiare un alimento che ha attraversato la storia, ha un suo forte "appeal" sono stato al Festival del Medioevo a Gubbio e molte ricette avevano protagonista proprio il farro, questa crea un legame con la storia ma anche con il territorio e la tradizione gastronomica, un aspetto che non deve essere sottovalutato.

La sua diffusione è stata anche ampliata dai social media, in particolare da molti blogger che utilizzano più cereali per le loro preparazioni in cucina, Questa ha stimolato molte più persone sia a utilizzare le farine di farro per preparare pane e pasticceria, sia a replicare ricette con il farro protagonista in cucina.

In genere troviamo in vendita al supermercato il farro perlato o il farro decorticato, dal punto di vista nutrizionale  in teoria meglio quello decorticato più ricco di fibre e sali minerali ma necessita d'essere messo in ammollo per almeno sette/otto ore, tuttavia rimane un buona scelta anche il farro perlato e precotto, che non richiede ammollo e tempi di cottura più rapidi.


Sintesi

Più che insistere sull'aspetto nutrizionale, mi soffermerei sull'aspetto della coltivazione, in un contesto di cambiamento climatico e inaridimento dei suoli, si è tornati a coltivare varietà di cereali maggiormente resistenti a fattori esterni, questo è l'aspetto più interessante della diffusione del farro negli ultimi anni.

Il consumatore scopre il farro, perché si adatta ad un alimentazione moderna con più attenzione su alcuni aspetti della salute ed esprime la scelta di un prodotto che garantisce una tradizione, una sicurezza, un controllo e una tracciabilità.

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giovedì 15 febbraio 2018

C'è una stagionalità per formaggio, carne e pesce?

Michela T.: vorrei sapere se esiste una stagionalità anche per i formaggi, carne e pesce?

Sì, esiste una stagionalità anche per queste categorie d'alimenti, tuttavia parlare di stagionalità sembra desueto.

L'altro giorno ero al mercato del pesce per le alici, la signora prima di me, voleva gli alicioni. Il pescivendolo gli spiegava che dopo il fermo di Dicembre le alici sono di taglia piccola per il ciclo riproduttivo, gli alicioni si possono trovare in primavera, la signora indispettita " se non le ha, vado da un'altra parte, la faccia finita!"

Siamo abituati alla disponibilità degli alimenti tutto l'anno, non è stato sempre cosi, mi sembra d'avere la sindrome dell'ultimo dei moicani, quando spiego ai miei nipotini che da bambino andavo alla stalla a prendere il latte; aspettavo un anno per mangiare le ciliegie, giravo intorno all'albero tutti i giorni a controllare che non gli succedesse niente.


Il formaggio

Quelli come me si ricorderanno che la mozzarella si trovava solo d'estate, la ricotta e i formaggi di capra freschi si trovavano solo in primavera.

Si potevano trovare anche in altri periodi dell'anno qualche volta ma non avevano lo stesso gusto perché bisogna aspettare la fase d'allettamento dei cuccioli, inoltre la primavera coincide con l'inizio della crescita delle erbe più fresche, dei germogli giovani più ricchi di sapore, una complessità d'aromi che trasferiscono al latte e alle sue lavorazioni.

C'erano diversi tipi di formaggio che è meglio acquistare in inverno, dopo sei mesi di stagionatura, perché prodotti dal latte di mucca estivo, quando le mucche sono al pascolo e hanno un latte più ricco.

Per questo era importante conoscere i tempi di stagionatura se il formaggio veniva fatto con latte delle mucche da pascolo o invernale quando erano in stalla alimentate con il fieno.


Il pesce

Lo stesso problema riguardava il pesce, anche la pesca aveva ed ha una sua stagionalità perchè il pesce si sposta nel mare a secondo delle temperature e delle stagioni.

Oggi questa differenza riguarda solo il pesce selvaggio poco meno del 30% del pesce sul mercato perché il restante 70% è pesce d'allevamento che rifornisce il mercato tutto l'anno in modo costante.


La carne

Anche la carne aveva una sua stagionalità, io ricordo che difficilmente si mangiava pollame d'estate poiché le galline dovevano fare le uova. Con il caldo le galline producono meno uova, per cui si teneva in debito conto in loro numero.

Il maiale che tutte le famiglie avevano dietro casa, gli si faceva la "festa" in inverno, perché con il freddo era più facile conservare le carni, la stessa cosa per altri animali come il bue di carrù si aspettava dicembre il periodo migliore per preparare il bollito.


L'era dell'omologazione del gusto e della stagione unica

Oggi tutto questo ciclo non esiste più, è cambiato il modo di produrre e sempre meno d'associare i prodotti alimentari al ciclo delle stagioni.

Nell'epoca attuale siamo di fronte ad alimenti con la stessa disponibilità e lo stesso gusto tutto l'anno chiaramente l'industria alimentare non può permettersi di seguire la stagionalità degli ingredienti.

Non è cambiato solo il modo di allevare animale e il pesce è sempre più d'allevamento, oggi i pomodori e le fragole sono coltivati fuori terreno o senza terreno in sistema idroponico o aeroponico, serre con prodotti che coprono anche 9 mesi di stagionalità.

Sono propenso a pensare che la stagionalità di un prodotto riguardi più facilmente un prodotto artigianale più che il prodotto industriale, dove dovrebbe esserci un sapere legato al territorio e alla tradizione .

Per esempio qualche giorni fa mi trovavo ad Aosta per la Fiera di Sant'Orso, c'erano alcuni stand di aziende casearie locali, dove i produttori mi spiegavano il tipo di razza d'animale per la produzione del latte, la zona dove gli animali pascolavano, di quale periodo il latte era prodotto, le tecniche di stagionatura e affinamento del prodotto, informazioni che difficilmente possiamo trovare in un prodotto industriale.




Sintesi


Parlare di stagionalità dei prodotti alimentari sembra un concetto superato, non solo per i formaggi, la carne e il pesce anche per la frutta e la verdura, dal mese di Dicembre al supermercato sono in vendita le fragole fresche mentre fuori nevica.

L'industria alimentare ci ha abituato a prodotti alimentari sempre disponibili, un’offerta nata per soddisfare anche una domanda di un consumatore meno informato e sempre più confuso, che ricerca la naturalità nelle ciliegie a Natale e dei mandarini a Ferragosto.

Questo credo abbia creato un divario tra l'uomo e l'ambiente e la percezione delle stagioni.

La stagionalità del nostro tempo sui prodotti alimentari in particolare i formaggi, la carne e il pesce più facilmente riguarda un prodotto artigianale oppure l'acquisto di un prodotto locale, l'acquisto di un pesce "selvaggio" in pescheria. 

La disponibilità di prodotti alimentari tutto l'anno non è priva di pericoli, dall'ambiente alla salute, grazie a tutte quelle tecniche di produzione e conservazione per la disponibilità di prodotti tutto l'anno.


mercoledì 6 dicembre 2017

Il frutto del futuro: il fico d'india

Capita spesso sui media di leggere i cibi del futuro si va dalla carne sintetica o meglio artificiale (non mangio quella normale figuratevi quanto m'invoglia quella sintetica) agli insetti, ai frutti da piante OGM. Saranno questi i cibi del futuro?

Personalmente seguo altre fonti come la Fao ( l'Organizzazione delle Nazione Unite di Food e Agricoltura), che da diversi anni studia alcune varietà locali di frutta, verdura e cereali che meglio potranno adattarsi alle nuove condizioni ambientali che il pianeta potrà avere nei prossimi anni.


Si sono concentrati su alcune varietà che possiamo chiamare dimenticate o meglio sottoutilizzate nonostante abbiano eccezionali qualità nutrizionali e di gusto.

Piante che oltre ad adattarsi alle nuove condizioni climatiche potrebbero avere un buon potenziale commerciale e essere un eccellente fonte di guadagno per un contadino con un piccolo appezzamento di terra o per un'azienda agricola familiare.

Lo scorso mese è stato pubblicato un fascicolo sul Fico d'India, meglio conosciuto botanicamente come opuntia ficus-indica.


L'esperienza della Fao si basa sulla grave siccità che ha colpito il Madagascar nel 2015, il fico d'india è stata un pianta che ha dimostrato di essere una fonte di cibo, di foraggio e d'acqua per la popolazione e gli animali.

Il Fico d'India è un arbusto o meglio albero che varia in media da 1,5-3 m di altezza. I rami (cladodi) sono appiattiti e di colore grigio-verde. I fiori sono gialli e i frutti variano dal giallo al rosso e al viola e contengono piccoli semi che di solito vengono consumati insieme con la polpa del frutto.

Il Fico d'India è un'importante coltura alimentare nelle aree aride. I frutti possono essere consumati freschi, o trasformati in sciroppi e marmellate, mentre i rami vengono puliti e cotti come verdure in stufati e insalate ( ho apprezzato qualche tempo fa la ricetta della nostra amica blogger Rossella di Salsapariglia con le sue Pale di fico d'india saltate ). 

I rami sono anche usati come foraggio per il bestiame, sia come foraggio fresco o immagazzinato come insilato.


Per il suo alto livello di tolleranza alla siccità, all'aumento delle temperature e al degrado del suolo, le coltivazioni di fico d'India si stanno sviluppando in molti paesi, vengono perfino piantati ai margini dei terreni come barriera contro il vento.

Secondo gli agronomi il Fico d'India contribuisce a migliorare la qualità del suolo, in particolare per le coltivazioni d'orzo e potrebbe secondo una nuova ricerca contribuire in parte a limitare le emissioni di gas serra in quando riduce la metanogenesi dei ruminanti quando viene integrato nel foraggio degli animali.


La coltivazione dei fichi d'India sta gradualmente guadagnando terreno in Messico, dove è originario, il frutto ha raggiunto più di 80.000 ettari di coltivazione di questi 10.000 per la sola alimentazione umana, è stato stimato che in Messico il consumo medio pro capite è di 6,4 kg all'anno.

Dopo il Messico è il Perù la nazione con più di 40.000 ettari di coltivazione di fichi d'India, seguito dal Brasile, dove viene usato come foraggio per gli animali, è anche coltivato in Stati Uniti, diversi paesi che si affacciano sul mare Mediterraneo (Spagna, Italia, Grecia, Malta, Tunisia), Angola, Kenya, Etiopia e Sudafrica.

Dal punto di vista nutrizionale il Fico d'India, è ricco di acqua ideale per rinfrescarsi durante l'estate, contiene una discreta quantità di fibre, utile per favorire il transito intestinale.

Come la maggior parte della frutta è ricco di vitamina A e vitamina C, con un discreto potere antiossidante, si distingue anche per il contenuto di Magnesio.

Il consiglio è di mangiarli quando sono maturi e dolci per apprezzarne meglio il sapore.

Oltre al Fico d'India l'attenzione della Fao sull'agricoltura del futuro si sta soffermando su alcune piante come la Moringa, Panico Indiano (eleusine coracan), Amaranto, Cardo, Vigna Subterranea (Bambara Groundnut), Grano SaracenoPachyrhizus, di cui spero di potere parlare nel prossimo futuro.

Questo post serve per concludere il post precedente sull'agricoltura del futuro non sarà solo importante che tipo di agricoltura scegliere ma che cosa produrre visto le mutate condizioni ambientali.

Fonte delle notizie: Fao 


giovedì 30 novembre 2017

Il futuro sarà per l'agricoltura biologica? Cos'è l'agricoltura ragionevole?

Andrea C, Varese : il futuro sarà per l'agricoltura biologica o l'agricoltura intensiva? 
Carla M, Pesaro : Cos'è l'agricoltura ragionevole?

Nel 2050 secondo le previsione demografiche la popolazione mondiale sarà di circa dieci miliardi, come nutrirle?

Una domanda molto difficile  credo che sono pochi coloro che possono fornire una risposta chiara ed autorevole, in quanto sono ancora molte le variabili che possono modificare l'andamento del settore dell'agricoltura  e del settore alimentare nei prossimi anni.

Tra le variabili più importati c'è il meteo, l'agricoltura è direttamente collegata con l'andamento del tempo atmosferico che negli ultimi anni è stato molto "anomalo" incidendo non poco sulla resa dei raccolti dei cereali, di frutta e verdura che sono alla base dell'alimentazione umana.

La seconda variabile non meno importante riguarda le superfici coltivabili, in molti paesi si riducono a causa dell'avanzare del deserto o dello sfruttamento dei suoli, la penuria di aree coltivabili ha aperto una corsa all'acquisto di superfici coltivabili da parte dei paesi ricchi come il Giappone che dipende dall'offerta estera per soddisfare i consumi alimentari.


Il mercato bio un mercato d'élite

Il 90% del mercato del biologico interessa i cittadini dei paesi ricchi del Nord America e dell'Europa che desiderano alimenti sani, buoni, prodotti in modo più naturale possibile.

Secondo i dati del 2014 nel mondo sono 43,7 milioni d'ettari coltivati con il metodo biologico e rappresentano nel totale delle superfici agricole coltivate solo 1%.

La domanda del bio crescerà ancora nei prossimi anni perchè attualmente nonostante si parli molto d'agricoltura biologica la produzione è ancora marginale.

In Italia nel Rapporto Sinab 2017, è uno dei paesi più virtuosi, l'agricoltura biologica incide per il 14, 5% sul totale del suolo coltivabile con due punti in percentuale in più rispetto al 2015, un agricoltura  in crescita.

C'è una concentrazione di aree coltivate a biologico, il 46% sono rappresentate da 3 regioni: Sicilia, Calabria e Puglia, il Sud Italia supera nei dati il Nord e il Centro sia per aree coltivate che per numero d'aziende e operatori.


Quello che però sappiamo è che il biologico difficilmente riuscirà a nutrire il mondo in quanto le aree coltivabili non possono soddisfare solo col il metodo biologico di bassa resa la domanda generale d'alimentazione.

Hanno calcolato che per soddisfare l'esigenza di una singola persona si necessita di 63,4 are di terra agricola coltivata a biologico, l'Italia come altri paesi non potrà essere autosufficiente con l'agricoltura biologica vista la totalità delle terre coltivabili che ammonta a 15 milioni d'ettari.

Da diversi anni l'Italia è in deficit di suolo agricolo ed è costretta a importare prodotti agricoli dall'estero sia per il consumo che per la trasformazione.

Se è teoricamente autosufficiente per verdura, frutta e ortaggi non lo è per legumi, cereali, patate, zucchero, carne.

Nonostante l'agricoltura biologica ha mosso i primi passi anni '60, si tratta ancora di un'agricoltura giovane, dove è ancora possibile intervenire con progressi tecnici e agronomi al fine d'aumentare la produzione.

Si stanno sperimentando con successo pratiche biologiche per la lotta agli insetti che distruggono i raccolti, come per esempio le coccinelle per sradicare gli afidi che infestano i campi coltivati a cereali come il grano.

Si stanno sempre di più diffondendo con successo la pratica di lotta integrata nella frutta attraverso la produzione di ferormoni di sintesi  per creare della confusione sessuale per gli infetti che infestano i meleti e i castagneti.

Tutta questa nuova sperimentazione con successo mi induce a pensare positivo per l'agricoltura biologica del futuro anche se non sarà in grado di soddisfare tutta la domanda mondiale.



L'agricoltura ragionevole

Si sente sempre parlare più spesso d'agricoltura ragionevole o meglio d'agricoltura per la conservazione dei suoli.

Ricordo ancora gli anni '80 con un libro dell'Onu "il futuro di noi tutti" dove le problematiche per una agricoltura ragionevole erano già state affrontate ma che hanno avuto poco seguito o per lo meno un seguito molto limitato a distanza di 37 anni.

Il suolo costituisce la base della produzione del cibo, si tratta di una risorsa naturale di grande valore, ma sottovalutata, l'estensione naturale dei suoli produttivi è limitata e si trova a dover affrontare le pressioni crescenti di tutte le attività umane, non riguarda solo la richiesta d'aumento delle attività agricole per soddisfare la domanda di cibo, ma altre attività come l'urbanizzazione, l'energia e lo sfruttamento dei suoli per le materie prime.

Il rispetto dei suoli e loro conservabilità per il futuro dovrebbe essere un programma di tutti i paesi, l'attuale tasso di degrado del suolo del 30% può mettere in pericolo la capacità delle generazioni future di soddisfare i bisogni più essenziali.

Per sostenere un agricoltura ragionevole c'è bisogna di una politica sensibile a queste problematiche che crei programmi volti a promuovere normative rigorose e controlli efficaci al fine di limitare l’accumulo di contaminanti oltre le soglie prestabilite per la salute umana.

(L'esempio del glifosato che è stato rinnovato l'uso da parte dell'Unione Europea per altri cinque anni, sicuramente non va in questa direzione)

Noi ci auguriamo un futuro in cui aumenteranno le superficie dei terreni gestiti con pratiche sostenibili è un augurio che deve trasformarsi in certezza.


Il mio sentimento positivo nasce d'alcuni segnali che mi sono arrivati negli ultimi anni:

- Ritorno all'agricoltura dei giovani, con nuove idee, una sensibilità più green per la produzione di ortaggi, cereali, frutta e verdura ma anche stile di vita.
- Aumento delle superficie agricoltura biologica e sostenibile.
- Riduzione del cibo sprecato
- Recupero delle superfici piatte dei tetti per l'agricoltura e contemporaneamente rimanere le case più fresche.
- Riduzione delle proteine animali nell'alimentazione (diminuzione nell'atmosfera di gas dovuta alla flatulenza dei bovini)
- Aumento del numero dei vegetariani
- Affollamento dei mercati contadini, nel vedere tante persone disposte a spendere di più per avere un prodotto più sano.

Questi segnali chiaramente non bastano ma indicano una direzione, deve poi la politica implementare interventi e leggi volte al rispetto dei suoli e alla conservabilità per il futuro, in questa direzione non vedo segnali oltre che tante parole.

Non ho mai visto un partito politico che nei programmi di governo inserisca questi temi come priorità.


Sintesi:

L'agricoltura biologica per quanto se ne parli molto riguarda solo 1% delle superfici coltivate nel mondo. Ogni anno nei paesi occidentali aumenta la superficie dedicata all'agricoltura biologica, credo che con l'introduzione di nuove innovazioni il biologico potrà aumentare la sua produzione e crescere d'importanza, si parlerà sempre di più di bio similarietà e di prodotti bio controllati.

Nuove consapevolezze crescono nel mondo sul rispetto del suolo e della sua conservabilità per il futuro. C'è un maggiore stimolo alla gestione delle risorse del pianeta che dovrà essere unito a un programma di controllo demografico (in particolare alcuni paesi d' Africa e d'Asia).

La ragionevolezza purtroppo non è insita naturalmente nelle persone e ancora meno nella politica e nelle organizzazioni, tuttavia siamo ancora in tempo per potere fare delle scelte ed essere noi i driver del cambiamento invece che subirlo per causa di forza maggiore.

Come consumatori cosa possiamo fare? Cercare di fare delle scelte di qualità per quanto il nostro reddito ce lo permette, l'alimentazione negli ultimi anni si distingue per disuguaglianza sociale, inutile negare che il biologico è caro, anche se ci sono diverse cooperative che portano il biologico fino a casa, annullando il costo in più dei canali distributivi.

Nutrirsi in modo sano quando porti a casa mille euro al mese e sei single con un figlio o due da mantenere magari in una grande città, non è impossibile ma certo è molto difficile.