lunedì 30 novembre 2009

Nuovi trends del cioccolato, le novità dal cioccolato light che si inala a 1 caloria al cioccolato ayurvedico

Si stanno svolgendo in questo autunno molte eventi che hanno protagonista il cioccolato, eventi che vogliono valorizzare e fare conoscere gli artigiani del cioccolato, il settore non vive un momento particolarmente felice, all’inizio dell’anno tutti i dati davano il cioccolato in forte crescita di consumi nonostante la crisi, sicuri e certi che nessuno avrebbe rinunciato a un piccolo piacere in tempo di crisi. Invece i primi dati del 2009 segnano per la prima volta nel consumo del cioccolato un -2% su scala mondiale secondo una ricerca delle Nielsen.

Ne ho parlato per avere conferma con Jurgen Steinmann responsabile della più grande azienda di cioccolato svizzera la Barry Callebaut , il quale più che parlarmi di crisi di consumo mi parla di rallentamento di crescita, tanto che per i prossimi tre anni “ se prima parlavamo di crescita del 11% all’anno, abbiamo dovuto rivedere le nostre previsioni, pensiamo a una crescita non oltre il 6%, il minimo di consumo è stato toccato nel inverno del 2008 per quanto ci riguarda, ci sono già dei segni di ripresa a livello globale, in Europa la crisi del consumo di cioccolato riguarda soprattutto il cioccolato gourmet il cioccolato di qualità, ma essendo noi una multinazionale, per un mercato come quello europeo ci sono altri mercati che invece si invece evolvono come Turchia, Russia, Polonia, le nazioni più toccate invece dal trend negativo sono state Francia, Belgio, Italia, Spagna, Germania, Paesi Bassi

Ma quali sono i nuovi trend del cioccolato, in giro per i vari saloni del cioccolato, ho visto che il prezzo delle fave di cacao aumenta e la produzione diminuisce, la tendenza mi sembra che corre sul trend del prodotto di lusso, anche il cioccolato sta perdendo quella sua connotazione di prodotto popolare come il caffè per abbracciare l'esclusività e il lusso?

I “Grand Crus” la nozione del territorio nel cioccolato


Si è adottato per il cioccolato la tecnica della classificazione del vino per quanto riguarda l'origine della materia prima, iniziò J. P . Hevin nel 1996 con la tavoletta di cioccolato dal nome “Equateur” che stava ad indicare che le fave del cioccolato venivano esclusivamente dalla zona equatoriale, dopo 13 anni lo propone ancora con altri Cru dal Venezuela, Colombia, Madagascar. Nel 1997 la casa Valrhona presenta il primo cru Guanaja.per i laboratori di cioccolato. Oggi nel 2009 c'è una vera zonizzazione delle aree di coltivazione della fave di cacao, se qualche anno fa bastava un indicazione geografica generica, si è passati ad una indicazione nazionale come cru Madagascar cru Venezuela, oggi si è passati alla collezione dei 7 primi crus che arrivano da un'unica piantagione come la proposta di Michele Cluziel esempio Villa Grazienda dall'isola di Sao Tome, Cluziel propone un cofanetto con 25 ganaches, una selezione di ganaches da crus del cioccolato da tutto il mondo. Marketing o valorizzazione del prodotto? Una volta si mistava le fave di cacao di diversa provenienza per avere un gusto più equilibrato. In futuro si prevede una ulteriore selezione anche degli altri ingredienti che compongono il cioccolato o con il quale lo si unisce un esempio come le mandorle di Avola e le nocciole del Piemonte di Domori.

Il packaging , la confezione l’imballaggio diventa chic & choc
La differenza del contenuto non basta più per distinguersi, bisogna lavorare a livello creativo sulla fantasia della presentazione e dell’imballaggio. Cosi i maestri cioccolati si affidano sempre di più a veri esperti del design, per il confezionamento dei loro prodotti ma anche di borse e sacchetti, ogniuno di loro vuole trasferire i propri valori anche al packaging, sacchetti con carta riciclata, ricerca dei colori, ricerca dei disegni. Una tendenza che è stata importata dal Giappone, dove l'estetica deve rappresentare il buon gusto del contenuto. Fra i più riusciti La Maison du Chocolat, Chocolate Pralus, Cluziel, Amedei.

Il cioccolato si coniuga con il benessere e la salute
È la nuova tendenza il cioccolato non è più solo buono da mangiare e bello da vedere ma vuole acquisire dei nuovi valori legati al benessere e alla salute, tra le principali indicazioni primeggia il cioccolato come antistress, il cioccolato come anti depressivo, ma sono arrivate anche nuove idee come il cioccolato con antiossidanti. Una delle aziende più innovative sotto questo punto di vista è l'azienda belga New Tree, la serie Eternity ricca di antiossidanti, una tavoletta di cioccolato con menta e un estratto di thè verde (ricco di antiossidanti!), della stessa linea il gusto ciliegia e mirtillo con estratti naturali di uva (ricca di antiossidanti , mah!) c'è anche la serie Sexy con proprietà "tonificanti" la tavoletta con zenzero e caffeina naturale di guaranà, quella più interessante è la serie Alpha al gusto di peperoncino o timo con il 30% in meno di zucchero e ricca di omega 3 grazie all’aggiunta di semi di lino. Nel prossimo futuro oltre al cioccolato ricco di antiossidanti, oltre al cioccolato ricco di omega 3, non poteva mancare anzi è in studio una linea di cioccolato con i probiotici e prebiotici!


Cioccolato bio e cioccolato ayurverdico?

La segmentazione del cioccolato si distingue anche per la ricerca di fave di cioccolato proveniente da agricoltura biologica in particolare ho trovato "originali" le tavolette di cioccolato ayurvediche di Christin Guilleminot, la linea Choc’Fleurs un artigiano il quale unisce cioccolato bio con le proprietà delle erbe e dei fiori come calendula, papavero, lavanda in un' interpretazione in chiave ayurvedica con spezie curcuma, zenzero, semi di canapa, tutti i cioccolati sono senza olio di palma senza lecitina. Un esempio la tavoletta di cioccolato alla noce di cocco, limone, semi di canapa, maggiorana e ortica. Tutto è biologico dalla fave di cacao alla che arrivano da Santo domingo all’imballaggio, un cioccolato che si trova solo nei negozio bio o nell' erboristerie

Cioccolato light (diversi modi per diminuire le calorie del cioccolato)


Il cioccolato che non si mangia ma si spruzza !



Le vera novità in questi giorni è Le Whif il cioccolato che si spruzza in bocca, il claim dice dolce come il cioccolato e leggero come l'aria, sono dei soffi di cioccolato non si mangia ma si inala attraverso la bocca, ogni soffio una caloria, sembra più un prodotto per guarire da una dipendenza da cioccolato che per un assaggio, lo si potrebbe confondere un rossetto per una donna sarà anche normale ma per uomo è decisamente imbarazzante!

Cioccolato alla frutta
Proposta invece più classica ma innovativa di Jean-Charles Rochoux con le sue tavolette al Chocolat Éphémères alla frutta fresca (melone, fragole, ciliegie, lamponi, kiwi, pesca), certo mangiare frutta è importante sicuramente raggiungere le porzioni di frutta giornaliere con il cioccolato è un idea che può essere condivisa ma non risparmierete molto sulle calorie.


Volcano il cioccolato light



La novità di Barry Callebaut, uscira tra la fine del 2010 all'inizio del 2011, si tratta di un nuovo tipo di cioccolato che avrà il 90% di calorie meno. Un tipo di cioccolato con delle caratteristiche innovative non si scioglie che a temperature superiore a 55°, si scioglie solo a contatto con la saliva, a ridotto contenuto di zucchero e calorie, contiene un innovazione che ha permesso di contenere delle piccole bolle d'aria, sarà al gusto di cioccolato nero al latte, bianco, aromatizzato. Quando ne uscirà avremo modo di parlane in modo più approfondito.


Lo confesso mi sento un po' fuori moda io acquisto ancora le tavolette di cioccolato quelle classiche al latte o nocciole, ogni tanto per diversificare vado sulle tavolette di cioccolato fondente o al caffè della Frey, e voi quale cioccolato preferite?


Per chi invece vuole farsi un giro in Cantone Ticino, tutto l'anno c'è il Museo del Cioccolato Alpenrose, Via Rompada 36 - 6987 Caslano-Lugano.

Fonti testo e immagini: Lefigaro, Chocolats-Pralus, Barry Callebaut, Cluziel, Gourmantines, Papille-chocolat,

mercoledì 25 novembre 2009

Il vino novello italiano fa flop?


I dati come comunica il giornalista Francesco Arrigoni dal sito web del Corriere della Sera, sono piuttosto reali ( passare da 12 a circa 9 milioni di bottiglie significa una perdita secca del -25% del numero di bottiglie in un anno) rispetto ai dati di Verona Fiere (- 4% il dato di Verona Fiera ), l'anno precendete il 2008 era stato segnato da una perdita del -17% in termini di produzione sul 2007 secondo i dati di Verona Fiere, se proprio vogliamo essere pignoli 15.843.000 di bottiglie erano i dati del 2006, pertanto una perdita del 46%. Di fronte ai numeri credo che la cosa migliore sia quella di cercare di capire tramite un analisi del settore e non sostenendo il successo del prodotto ad ogni costo si rischia di essere ridicoli..

Il vino novello italiano è un prodotto nuovo nato dalla spinta del successo in Italia e nel mondo del Beaujolais Nouveau, così tutti i produttori italiani spinti anche da un certo tipo di politica si sono dati da fare per cercare di imitare il prodotto d'oltralpe, convinti che il successo non dipendeva dal prodotto ma da un buon marketing! Non è proprio cosi il marketing del Beaujolais Nouveau ha funzionato perchè c'era un prodotto con particolarità uniche, il marketing è uno strumento ma alla base deve esserci un prodotto che rispecchia le aspettative del mercato e dei consumatori.

Molti produttori cosi hanno pensato che fosse facile cavalcare il successo francese, anche perchè il vino novello offre la possibilità nell'intervallo di qualche mese di ricevere i primi guadagni della nuova vendemmia mentre invece per il vino bisogna attendere più tempo.

Quali sono stati gli errori (secondo me)

1) Imitazione di una lavorazione (macerazione carbonica) e non di un prodotto il Beaujolais Nouveau,. La produzione del Beaujolais Nouveau ha un disciplinare rigido rispetto alla normativa italiana, in quanto viene realizzato solo col 100% di vino ottenuto da macerazione carbonica di uve proveniente da un territorio specifico e da un solo vitigno (Gamay), mentre la legislazione italiana parla di un minimo del 30% fino al 100% del vino ottenuto da macerazione carbonica non fornendo indicazione sui vitigni.

2) La vendita del Beaujolais Nouveau inizia più tardi rispetto a quella del vino italiano: il terzo giovedi del mese di novembre contro il 6 novembre della data prevista dalla normativa italiana, questo anticipo non ha giocato a favore, è vero che si è ampliato il tempo di vendita ma ha aperto la comunicazione al Beaujolais Nouveau anzi ne ha aumentato l'aspettativa.

3) Si è prodotto il vino novello con tante uve (Aglianico, Cannonau, Barbera, Merlot, Nero d’Avola, Corvina, Refosco, Cabernet Sauvignon, Sangiovese) in tutte le regioni italiane, il Beaujolais solo da uve Gamay, la lavorazione necessita di maggiore conoscenza, la qualità non ha dato i stessi risultati con tutte le uve in tutte le zone, non c'è uno standard di qualità e sopratutto è indipendente dal prezzo, dai due euro ai dieci euro, trovare un buon novello è un terno al lotto, su dieci novelli da me provati almeni 6 erano difficili da bere nel senso che non erano ciò chi ci si attende da un Beaujolais Nouveau o da un vino novello.

4) Il Beaujolais Nouveau oltre che essere un prodotto particolare e distinguibile, riesce ad acquisire i favori di target piuttosto precisi in primo luogo i giovani e le donne, ha dato modo di avvicinare dei nuovi consumatori grazie alle caratteristiche più facile in termini di gusto, caratteristiche che non sono state riscontrate da parte del pubblico nei prodotti novelli italiani.

5) Il vino Beaujolais Nouveau è un rito una ricorrenza è una festa è legato alla convivialità, alla piacevolezza dello stare in compagnia, questo aspetto in termine di comunicazione è stato dimenticato nel novello italiano.

6) La distribuzione ha privilegiato il canale della ristorazione, al fine di creare un maggiore valore aggiunto, è stato un boomerang, non ha dato i frutti sperati, questo perchè la proposta del novello al ristorante è stata fatta con un prezzo superiore ai vini di qualità proposti nelle carte dei vini, ha fatto percepire negativamente il novello italiano.

7) Il target del novello è un pubblico molto limitato e poco fedele alla ricerca di novità, non è l'intenditore di vino (tante che per molti appassionati il vino novello non è un vino)

8) In dettaglio ben 5 regioni italiane vinificano il novello insieme fanno il 75% della produzione : Veneto, Trentino, Toscana, Sardegna, Emilia Romagna, ma la regione dove si è registrato la produzione più bassa è stato il Friuli - 16%, metre la regione Liguria non ha prodotto vino novello quest'anno. In Emilia Romagna e Abruzzo hanno il problema di trovare un impiego alla sovrapproduzione in giacenza.

Oggi grazie alla globalizzazione si può fare tutto dappertutto prendiamo per esempio il whisky scozzese viene riprotto in diversi parti del mondo, gli ingredienti si trovano dappertutto, sono giunti alla cronaca il whisky indiano Amrut e il whisky giapponese Nikka fatto nell'isola di Hokkaido che nulla hanno da invidiare al whisky scozzese, la particolarità sta che hanno trovato una lavorazione diversa dall'originale non solo per la materia prima degli ingredienti ma anche per la produzione, riuscendo cosi ad acquisire quote di mercato a livello internazionale, non dipende da quello che si fa ma da come lo si fa.

Il novello italiano può avere delle possibilità di successo come il Beaujolais Nouveau , se non maggiore ma deve trovare una propria identità, un marketing che lo differenzi dal prodotto francese e lo valorizzi, come lo spumante che oggi riesce ad ottenere un successo pari o superiore allo champagne, manca inoltre una comunicazione che rapprersenta il Novello Italiano.

Detto questo sia il vino novello italiano che il Beaujolais Nouveau, lo bevo solo raramente ma voi lo avete provato, vi piace?

martedì 24 novembre 2009

Olio di palma sostenibile? Una farsa?


Mi è capitato qualche giorno fa' in mano una confezione di Findus, ho visto scritto "prodotto nel rispetto dell'ambiente, l'azienda adopera solo olio di palma sostenibile". Tra le note dell'ufficio stampa, la multinazionale inglese promette di utilizzare entro il 2015 su tutta la produzione olio di palma sostenibile, intanto entro il 2010 il pesce e le patate fritte utilizzeranno solo olio di colza o olio di semi. Sarà proprio un vantaggio per la salute?

Esprimo tutti i miei dubbi sulle certificazioni, mi sembra impossibile che olio di palma sia sostenibile è come cercare di certificare che l'acqua minerale è biologica, sono strategie dei contrari e strategie dell'ovvio. Per chi non lo conosce olio di palma, si tratta di un olio industriale tra i più usati nell'industria alimentare, ne ho parlato nel post della nutella, la sua richiesta aumenta in modo esponenziale di anno in anno e la sua coltura mette in serie pericolo l'ambiente in particolare nelle zone del Sud est asiatico, dove viene prodotto il 70% di olio di palma.

Qualche mese fa il Wwf ha pubblicato un dossier con un elenco d'aziende che risultano essere i principali acquirenti europei dell'olio di palma, un tentativo per responsabilizzare le società di fronte al problema ambientale, nel dossier si indicano i maggiori problemi che olio di palma causa al pianeta da un punto di vista ambientale, economico e sociale.

1. Il suo inserimento come ingrediente nei prodotti alimentari dei paesi occidentali ha fatto lievitare i consumatori come soufflè (obesità) per la ricchezza di grassi saturi.
2. I lavoratori indonesiani costretti a lavorare in condizioni di assoluta miseria.
3. La scomparsa degli orango tango e di molte specie animali e vegetali a seguito della scomparsa delle foreste, che vengono bruciate per favorire le piantagioni di olio di palma.
4. La scomparsa delle foreste, la deforestazione a favore delle piantagioni dell'olio di palma rappresenta il 4% delle emessioni globali di gas serra, ponendo l'Indonesia e la Malesia dopo Usa e Cina nell'elenco delle nazioni responsabili dell'inquinamento globale.

A seguito delle denuncia del wwf diversi aziende hanno sentito la necessità di operare un cambiamento, andando alla ricerca di olio di palma sostenibile. Oggi le aziende cercano solo prodotti sostenibili, ma è possibile o invece ho il sospetto che siano solo delle operazione di comunicazione.

Le certificazioni internazionali vengono rilasciate dalla Rspo e casualmente proprio la Rspo è stata denunciata da Greepeace per i certificati troppo facili, uno strumento la certificazione che rischia di incrementare l'utilizzo di questo prodotto, di fatto crea un aumento della domanda, mentre i terreni coltivabili sono già insufficienti. All'interno di Rspo i grandi importatori internazionali d'olio di palma come Unilever. Anche se una piccola quota di questa domanda dovesse richiedere un prodotto certificato, il suo contributo all'aumento della domanda globale si traduce comunque in un incentivo ad abbattere nuove foreste. Le coltivazioni d'olio di palma tolgono i terreni fertili all'agricoltura.

A essere sincero non vedo nemmeno delle motivazioni alla certificazione di sostenibilità, su quale dei punti agisce la certificazioni, reimpiantano foreste ? Dove? Quando? Impaintare alberi non bastano e la manutenzione? Come possono le piantagioni rispettare l'ambiente? L'unica cosa migliorabile sono le condizioni dei lavoratori in questi paesi altro non vedo cosa di possa altro certificare, è un po' debole questo argomento per garantire sostenibilità.

Ricordiamo che i prodotti con olio di palma, spesso indicati in etichetta con olii vegetali sono nella maggior parte dei casi prodotti di qualità molto bassa, tra le ragioni salutistiche anche se l'argomento è controverso, da alcuni studi emerge che farebbe aumentare il colesterolo per il contenuto alto di acidi grassa saturi e di conseguenza aumenta quella che è uno de dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari, che certificazione sostenibile o no rimane.
Un bell'articolo della rivista Genitronsviluppo sull'olio di palma dove tra i maggiori importatori di olio di palma sono Ferrero, Bauli, Barilla, Casalini viene utilizzato anche per realizzare fritti nei locali pubblici di ogni genere.
Raccolta di Greenpeace : come ti friggo il clima

Consiglio a tutti di leggere l'ottima analisi sull'olio di palma di meristemi

giovedì 19 novembre 2009

Nuovi Frutta snack: Fruit Winders Kellog's e N.a. nature addicts, le gommine di frutta

Di passaggio a Londra e Parigi tornando dal Brasile, i miei figli in aereoporto hanno fatto incetta di snacks, cosi ho scoperto dei prodotti nuovi per lo spuntino per i bambini Kellogs's Fruit Wenders e N.A. Nature Addicts. Da quando sono state date delle indicazioni sulla mancanza delle 5 porzioni di frutta e verdura si sono moltiplicate le proposte per dei snacks presuntemente ricchi di frutta, proposte naturali, senza additivi, senza zuccheri aggiunti, ma lo sono davvero? Ho molti dubbi.
Queste due proposte simili sono un esempio, sono delle specie di roll di gelatina vannno da 1,30 a 1, 80 al pacchetto, nel primo caso dei Kellog's Fruit Wenders ci sono 6 roll in un pacchetto.

Fruit Winders kellog's
Un rollino di gelatina kellog's Fruit Wenders che contiene: Frutta (70%) (Purea di pera concentrata, Purea di Mirtillo Concentrate (10%), Purea di fragola concentrata{10%}), sciroppo di glucosio, Maltodestrine, Zucchero, Olio Vegetale, Pectina, Emulsionanti (Mono and Diglycerides of Fatty Acids), Coloranti (Anthocyanins), Acido Citrico, Natural Strawberry Flavouring, Natural Blackcurrant Flavouring, Acidity Regulator (Sodium Citrate), Malic Acid, Antioxidant (Ascorbic Acid), Elderberry Juice Concentrate. Che etichetta lunga è?

Come vedete dalla tabella nutrizionale ci sono 79 g di carboidrati di cui 37 g di zucchero su 100 g , sarà anche zucchero delle frutta ma sempre zucchero è, dare le indicazioni solo per un roll credo che sia deviante, dove trovare un bambino che ne mangia solo uno? Dove trovare una frutta che ha 37 g di zucchero?

N.A. Nature Addicts

Il prodotto na-natural addicts , sia in versione gommina che in versione pepite, invece è composto a succo di mele concentrato, purea di mela concentrata, purea di fragola (e/o lampone, pesca), pectina e aromi naturali, nonostante sia un prodotto "naturale" , da quando in qua le gommine o le pepite alla frutta crescono sugli alberi? Scusate le virgolette ma io di naturale conosco solo i sassi, anche la frutta concentrata secondo me è poco naturale, nel senso che il processo di concentrazione viene fatto dall'uomo, ma sopratutto siamo certi che sia in rispetto dell'ambiente dato il costo in termine di Co2 tra lavorazione, trasporto e imballaggio, l'ambiente ringrazierà? 

Quello che salta all'occhio nella tabella nutrizionale sono gli zuccheri, sono 79 grammi su 100 grammi, in una confezione da 30 g sono 24 g, la comunicazione suggerisce che c'è in 15 grammi una mela e 8 gr di pesca, mah! Mi dispiace non sono d'accordo, io non sono convinto che sia la stessa cosa, dove trovo io un frutto che ha quasi 80% di zucchero su 100 g? Una gommina di frutta può dare lo stesso senso di sazietà di una frutta vera?


Il 92% è Mela o meglio prodotto derivato dalla lavorazione della mela (52% succo di mela concentrato+ 40% purea di mela, solo 5% di lampone concentrato , quindi dovrebbero chiamarsi più pepite di mela con un po' di lampone e non pepite di lampone, pesca o fragola.

Il costo 1,75 Euro per 30 g circa 58 euro al chilo, ma quanti chili di frutta posso acquistare con 58 euro? (almeno 40 kg di mele, per non parlare dei lamponi veri) se parliamo in termini di porzioni di frutta con la stessa cifra compro almeno 80 porzioni di frutta che basterebbe per dei mesi.

Dal mio punto di vista, faccio fatica a considerarli come sostitutivi delle porzioni di frutta come invece la comunicazione sembra volere dire.

Tutti gli snacks di questo tipo, sono in grado di soddisfare i criteri di un alimentazione corretta? Perchè non c'è masticazione, come spiegato da Cocaul nel sul libro " Le regime mastication" il senso di sazietà arriva solo dopo una corretta masticazione, c'è il rischio che possano indurre cattiva abitudine del gusto dolce nei bambini e nei ragazzi, alla pari di altri snacks che rischiano di disincentivare l'utilizzo di frutta fresca, inoltre proprio perchè diversamente dalla frutta non danno sazietà, potrebbero non soddisfare appetito e invitare a mangiare di più in qualità di papà dico: No, Grazie per i miei figli no! Poi ogni genitore faccia come meglio crede.

In sintesi si tratta di un bel packging ma un prodotto che non ho molto gradito, l'ho trovato anche caro.

mercoledì 18 novembre 2009

Recife Iccat, le decisioni sul tonno rosso, il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno?

Di fronte a un possibile fallimento della riunione dell'Iccat, e decisioni prese per quanto non siano lodevoli sono un passo verso una nuovo approccio nel mondo della pesca, un approccio ecosistemico che dovrebbe dare luogo a nuovi strumenti e nuovi organizzazioni

1) riduzione delle quote di pesca nell'Atlantico e nel Mare Mediterraneo, per la prima volta sono state ridotte le quote di pesca da 30.000 a 13.500 tonnellate per il tonno rosso contro gli 8.500 proposti dal comitato scientifico.

2) riduzione del periodo di pesca dal 15 maggio al 15 giugno, nessun recupero dei giorni persi per maltempo

Molti sperano nell'interdizione della pesca questo non è avvenuto e dubitavo potesse avvenire, lo scopo è di ripopolare i mari del tonno rosso altrimenti da qui a trent'anni non avremo più tonno rosso da pescare, cosa mi ha colpito di più la totale indifferenza di Stati Uniti, Canada, Giappone secondo loro il problema non esiste, una totale mancanza di senso di responsabilità, come se le risorse illimitate o no, devono essere esclusivamente per loro, un atteggiamento che mi ha fatto molto arrabbiare e pensare!

Spero che ora che la decisione presa sia adottata da tutti i paesi anche se ho molti dubbi dalle parole dei rappresentanti di Spagna, Italia e Francia che hanno lasciato intutire che la pesca illegale gode di molta solidarietà, si dice che non è conveniente con queste quote la pesca del tonno, se non è conveniente smettano, ma che il ricorso all'illegalità non mi sembra che la motivazione economica sia un pretesto per giustificare il proprio comportamento.

Intanti si andrà avanti nel tentativo del riconoscimento del Tonno Rosso come specie in via d'estinzione alle Cities, convegno sulle specie minacciate da estinzione come suggerito dal Principato di Monaco.

Grazie a tutti in particolare a Greenpeace, Wwf, Iccat che mi hanno permesso di seguire da vicino i lavori.

lunedì 16 novembre 2009

A Recife, in Brasile, la Commissione internazionale per la conservazione del tonno (ICCAT)

Sono in Brasile per seguire per conto di un’organizzazione ambientalista le riunioni dell’ ICCAT, l'organizzazione responsabile della pesca nel mondo, sul tavole delle trattative in questi giorni le limitazioni di pesca del tonno rosso.

Arriviamo in Brasile dopo il non successo nel mese di ottobre della Commissione Europea, dove la pesca al tonno rosso non è stata bandita 6 paesi hanno fatto marcia indietro come Francia, Spagna, Italia, Malta cosi da non potere approvare la richiesta. Tuttavia grazie al Principato di Monaco, nella persona del Principe Alberto si è potuto depositare la richiesta di includere il tonno rosso nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate d' estinzione

Pescatori contro Ambientalisti?

È più facile invece parlare di legge della domanda e dell'offerta, pesca senza scrupoli e consumatori indifferenti. La politica delle "quote di pesca" in realtà viene driblata dalla pesca illegale . I sistemi di pesca oggi sono molto sofisticati il movimento dei tonni tra l’Atlantico e il mediterraneo viene monitorato dai satelliti, sanno perfettamente quando e come pescare, tutto avviene su delle navi commerciali che battono bandiere di comodo. In generale la mia impressione è la mancanza di strumenti internazionali di controllo in mare, chiunque in mare aperto fuori dalle acqua territoriali può fare ciò che vuole.

Cosa è ICCAT?
Creata nel 1969, l'ICCAT è la più antica delle istituzioni intergovernative incaricata di stabilire le misure di protezione e di gestione delle attività di pesca d'alto mare, si occupa di circa una trentina di specie di pesce ( Tonno rosso, tonno bianco, pesce spada, marlin). I problemi sono iniziati nel 1998 quando da parte di alcuni stati come Francia, Spagna e Italia, hanno richiesto quote di mercato superiori a quelle indicate dalle commissioni dei scienziati. Il massimo è stato raggiunto nel 2007 quando alle richieste delle 15.000 tonnellate del comitati scientifico l'Iccat ne ha concesse per 30.000 il doppio, mentre all fine dell'anno ne furono contate 61.000 cioè in numero 4 volte maggiore rispetto alle indicazioni del comitato scientifico.

In realtà tra il 1998 e il 2007 le catture effettivamente hanno oscillato tra 50.000 e 60.000 tonnellate. A fare crescere questi dati sono state sopratutto Spagna e Malta , tra le nuove tecniche non vi è più la cattura e l'uccisione dei tonni ma la cattura in gabbie, dove i tonni vengono alimentati affinchè raggiungano il peso desiderato, un tonno può rendere fino a 70.000 euro, durante un asta a Tokio è stato raggiunta la cifra di 546 euro al chilo.

La riduzione delle quote ma sul controllo nessuno può garantire
Nonostante io sia qui per richiedere la riduzione delle quote di pesca mi rendo conto che nessuno dei membri presenti è d’accordo, il che spinge a chiedermi a cosa serve questa istituzione se nulla può decidere, possiamo anche decidere di abbassare le quote legali di pesca ma se poi non abbiamo controllo sulla pesca illegale è inutile.

C'è però la solidarietà di molti paesi con le organizzazioni ambientalisti, paesi africani sulla costa del mediterraneo o dell’oceano e delle isole del Pacifico. In tutti i mari le navi industriali stanno decimando gli stock ittici, le organizzazioni nazionali di pesca non hanno alcun potere, perchè le navi battono bandiera di paesi non riconosciuti. Il rappresentante della Namibia in particolare ha denunciato che ogni anno la pesca illegale depreda di pesce le coste africane . A finire sul banco degli accusati è stata proprio l’Unione Europea il maggior importatore al mondo di pesce illegale , si stima che il 10% del pesce commercializzato in EU sia illegale. Intanto alcuni nazioni con l’appoggio della Fao vietano l'accesso ai porti delle navi sospettate di pesca illegale.

David Doulmann rappresentante Fao
L’esperto della FAO, David Doulman mi dice che un nuovo trattato difficilmente potrà essere raggiunto ed essere efficace, non c'è volontà politica e siamo in un contesto di corruzione diffusa. La Nuova normativa europea è un passo avanti Dal 1 ° gennaio 2010, il nuovo regolamento contro la pesca illegale introdotte dalla Unione Europea ha vietato l'importazione di prodotti non certificati pesca legale, sono comunicazioni in tempo reale sarà difficile inventarle e la sospensioen della licenza è un ottimo deterrente sarà ma intanto vediamo se riusciamo a fare qualcosa per il tonno rosso pare al momenti che ci sia un accordo sulle riduzione della pesca in Unione Europea.

venerdì 13 novembre 2009

La cacofonia alimentare: la nuova piramide della dieta mediterranea moderna

Ecco la nuova piramide alimentare mediterranea, l'ho visto sul sito del Corriere della Sera, sono ancora in Brasile per seguire il lavoro dell'Iccat, organismo internazionale per il controllo delle quote di pesca, di cui vi parlerò settimana prossima.

Questa "nuova" piramide ideata dal un personaggio come Canella devo dire che mi sarei aspettato di meglio, è un puzzle di quello che più o meno si dice da diversi anni è il trionfo della banalità, sono rimasto basito e senza parole. Ricordiamo che la dieta mediterranea riguarda tutte le popolazioni che si affacciano sul mare mediterraneo, non solo l'Italia, non basta mettere cous cous nella dieta per essere mediterranei, mi aspetto ora la versione della Grecia, Spagna, L'Egitto, Francia, Turchia, cosi ogniuno avrà la sua piramide della dieta mediterranea. Un consiglio all'Inran guardate quante cose fanno gli enti stranieri che si occupano di nutrizione.

La vera difficoltà non è costruire una piramide valida ma dare delle indicazioni semplici che le persone possono seguire con facilità a tutti i livelli, non sono le conoscenze o il sapere medico scientifico che manca, il problema è che l' informazione arriva confusa agli utenti e i consumatori rimangono indifferenti! Altrimenti non si spiega l'aumento esponenziale dell'obesità e del minore consumo di frutta e verdura. Bisogna trovare un altro modo di comunicare questi concetti, un lavoro fatto così non lo comprendo, perchè farlo adesso? A chi è diretto? A promozionare che cosa?

Più interessante è questo documento pubblicato in Francia sul rapporto dell'Obesità (obesite.pdf) dalla Roche, suddiviso per aree e zona in riferimento al tasso d'obesità, riusceremo mai a vedere un documento cosi in Italia e di altri paesi del mediterraneo? Per vedere e confrontare se veramente la dieta mediterranea aiuta a prevenire l'Obesità, sorprendete è il fatto che sia la Corsica che la zona del Rodano e delle Provenza hanno il più basso tasso d'obesità mentre il tasso più alto nella zona più a Nord del paese. Sarà l'effetto della dieta mediterranea? Al di là dell'ironia uno studio interessante.

Personalmente quando si parla di dieta mediterranea ho sempre più il sospetto che si parli di marketing di prodotti agroalimentari più che di salute.

lunedì 9 novembre 2009

Gastronomia molecolare e cucina molecolare, una rivoluzione in cucina o solo marketing?


D. Perché non scrivi niente sulla gastronomia molecolare?
D. Ti piace la cucina molecolare?

R. Nelle ultime settimane mi sono arrivate molte domande sulla gastronomia molecolare. Non ne ho parlato perchè non sono uno chef, ma bisogna distinguere quella che è la gastronomia molecolare dalla cucina molecolare.

La gastronomia molecolare è una disciplina scientifica che studia le trasformazioni che avvengono negli alimenti durante la loro preparazione, fra i suoi obiettivi quello di trasformare la cucina da una disciplina empirica ad una vera e propria scienza.

La cucina molecolare nasce come applicazione della gastronomia molecolare per la manipolazione e modificazione degli alimenti dal punto di vista chimico e fisico per la creazione di ricette innovative, introduce nella gastronomia tradizionale nuovi ingredienti e nuove tecniche di preparazione.

Il mio giudizio potrebbe non essere obiettivo, la mia esperienza non è stata positiva. Sono stato a mangiare nel ristorante di Ferran Andrià, colui che viene ritenuto il migliore interprete della Cucina Molecolare, (lui preferisce utilizzare il termine cucina "tecno-emozionale") ho prenotato il giorno stesso dal mio albergo in Spagna (nessuna traccia delle esibite diecimila prenotazioni giornaliere e delle lunghe attese). Per quanto abbia rilevato della genialità, della professionalità, non è stato nulla di particolarmente rivoluzionario al mio palato, è stato divertente più che buono. Si mangia anche con gli occhi, oramai la cucina è “show” è uno spettacolo, sempre più i chef si sentono divi, molti hanno delle telecamere in cucina che gli riprendono costantemente, altri del webcam collegate alla cucina, le cucine dei ristoranti sono visibili dietro dei vetri, con padellate e tagliate sempre più da applausi, libri e ricettati in uscita ogni giorno, la sensazione che ho personale che ho è di bulimia visiva.

Gastronomia molecolare e "coliche" molecolare?
Sarebbe facile da parte mia parlare male della gastronomia molecolare per l'uso non sempre ragionevole degli additivi che hanno provocato molti incidenti di percorso come, nel ristorante The Fat Duck chiuso per intossicazione dopo più di 40 denunce, si racconta di un chef tedesco che giocando con azoto liquido si sia rovinato le mani per sempre, o di persone che dopo avere mangiato in ristoranti di cucina molecolare si sono rivolti al pronto soccorso.(Con questo non si vuole generalizzare, bisognerebbe studiare meglio i rapporti causa e effetto.) Nel 2008 il giornalista tedesco Jörg Zipprick, ha pubblicato il racconto della sua esperienza del El Bulli di Ferra Andria sul celebre giornale Stern dal titolo "colica per cinque persone". Nel suo articolo spiegava che la "spirale di olio d'oliva, una delle ultime creazioni di El Bulli, richiede 100 g di E 953 (isomalto, dolcificante), 1,5 g di E 473 1,5 g di E 475 , 25 g di glucosio e 45 g di olio extra vergine di oliva. Date le note proprietà lassative dell' isomalto, la dose era "garanzia da colica " secondo Jörg Zipprick. Il suo articolo è stato accolto con disprezzo da parte della comunità della gastronomia molecolare.

Tuttavia la scienza applicata alla cucina è un tema affascinante, tutti gli additivi e sostanze adoperate nella cucina molecolare sono perfettamente legali e vengono utilizzate nell'industria alimentare, ma in quantità determinate, forse qualcuno si è fatto prendere la mano, probabile che l'eccesso non è nella ricetta ma nel pasto completo che potrebbe determinare i malesseri denunciati oppure un intolleranza. Credo che il successo di F. Andria e della cucina molecolare vada in parte ridimensionato, pur riconoscendo una sua genialità non so se sarà la cucina del futuro, delle dichiarazioni di avere 2 milioni di richieste all’anno e di soddisfare solo 8000 eletti all’anno, non ha trovato riscontro nella mia visita il locale era mezzo vuoto (dopo due anni di attesa si saranno dimenticati della prenotazione, sicuramente).

Cucina molecolare e marketing
La cucina molecolare come qualsiasi altra idea richiede un investimento di tempo e di danaro, più che la cucina molecolare sono stati gli chef come Andrià, o meglio la società che lo gestisce a promozionare il suo tipo di cucina, hanno creato un nuovo modo per fare ristorazione, così come si usa oggi, un investimento programmato, hanno mosso le leve come l'evoluzione tecnologica, l'esclusività, il simbolo di status, i commenti positivi dei critici gastronomici alla creazione di una scuola di cucina, i libri, i ricettati ora anche i kit additivi per riprodurre a casa la cucina molecolare. Tuttavia se proprio di rivoluzione si tratta andrei cauto, uno dei problemi della cucina molecolare è che non crea continuità, rimane relegata a soddisfare o meglio stupire più la vista che il palato, un esperienza per una sera. Personalmente mi pongo un problema diverso la cucina molecolare è buona? E' sana? Soddisfa le mie aspettative in termine di gusto? Puoi anche fare una crema pasticcera senza uova, ma è buona? Mi restituisce le stesse senzazioni di piacevolezza?.

Mentre scrivo sono in Brasile, ne approfitto per chiedere scusa della latitanza dal blog, ma devo dire che ho scoperto una cucina incredibilmente ricca di gusto di sapore e di colore che fa emozionare, pesci di fiume, alla frutta e ai legumi sconosciuti a tutto il resto del mondo come butia, pequi, bacubari, inga, jatoba, sapoti. Non sono le tecno emozioni di Andrià ci si può emozionare in modi diversi.

Avrà un futuro la gastronomia molecolare?
La gastronomia molecolare come scienza e come ricerca si ; la cucina molecolare invece dipenderà molto da come si interpreterà la ricerca scientifica nel settore alimentare. I consumatori oggi vanno verso la scelta di una cucina fatta con prodotti sani, biologici e naturali ed etici che poco si coniuga con la cucina molecolare. L'applicazione della scienza in cucina passa anche per altre modalità come la ricerca di nuovi strumenti, nuovi materiali, nuovi metodi di cottura che ci garantiscono cotture più dolci e meno aggressive che ci aiutano a preservare le proprietà degli alimenti in particolare di frutta e verdura, cotture più sane con meno condimenti, abbiamo bisogno di nuove conoscenze ma senza necessariamente arricchire la cucina di additivi.

Voi cosa ne pensate della cucina molecolare?

Herve This ha scritto molti libri sulla cucina molecolare ha anche il suo blog.
Fonte Foto e video di proprietà cuisine innovation
Come fare una chantilly al cioccolato senza uova, mi scuso per coloro che non parlano francese ma non ho trovato video in italiano, si fa con 200.gr di cioccolato e 200 gr di acqua fredda o thè freddo e preparato come nel video, prima sciolto sul fuoco e poi montato in un contenitore con sotto del ghiaccio.

mercoledì 4 novembre 2009

Indice di sazietà: una corretta ripartizione dei pasti, lo spuntino e la merenda al distributore automatico


L'approccio verso una dieta ipocalorica è fatta da tanti fallimenti iniziali, da una parte la corretta rigidità del medico dall'altra le esigenze e le conoscenze di un singolo paziente, che nella maggior parte dei casi non si rende conto delle calorie giornaliere che introduce nel suo organismo, anche da gesti a volte semplici o che sembrano senza significato scatta l'errore nutrizionale che in un momento annulla tutti sacrifici della giornata. Le delusioni all'inizio di una dieta sono normali è un percorso difficile non impossibile ma sicuramente che richiede più impegno del previsto in più ci si ritrova soli pieni di vergogna a gestire una situazione che non si comprende, cosi molti rinunciano al primo mese.

Gli errori più comuni sono una cattiva ripartizione dei nutrienti nell'arco della giornata, come saltare il pasto, saltare lo spuntino o la merenda. la sensazione di fame è vista come una vergogna, come un elemento da combattere. Invece no il momento dello spuntino del mattino a cavallo tra la prima colazione e il pranzo e la merenda tra il pranzo e la cena, deve essere vissuto in maniera più tranquilla è normale avere la sensazione di fame tra gli intervalli principali dei pasti ed è bene affrontarli in modo adeguato.

Per fare questo farò ricorso all'Indice di sazietà, un indice abbastanza controverso come l'indice glicemico, dal mio punto di vista sono degli indici che in qualche modo devono essere tenuto conto all'interno di un quadro più completo e complesso, non deve essere considerato unico indice per l'impostazione di una dieta ipocalorica, ma non sarebbe molto corretto non tenerne conto anche per quei soggetti, che faticano per motivi diversi a seguire una dieta.

Il senso di fame è un fenomeno complesso che dipende da molti parametri:

- Il fabbisogno energetico. E' davvero fame: quando la mancanza di calorie ostacola il funzionamento del corpo, lo stomaco invia dei segnali.

- Ormoni. Le secrezioni ormonali influenzano sull'appetito. Non sempre facile da controllare per una donna!

- Dormire. Diversi studi hanno dimostrato che la mancanza di sonno dà maggiore desiderio di mangiare.

- La sequanza dei pasti. Mangiare ai stessi orari aiuta a controllare il senso della fame.

- Stress. Ad alcuni fa venire fame ad altri toglie l'appetito. Le emozioni influenzano notevolmente la qualità e la quantità di cibo consumato.

- Il senso di sazietà. Dipende dalla capacità del cibo di riempire lo stomaco, ma non è solo un problema di volume, è un problema di stimolazione sensoriale (gusto, colore, odore, varietà ...).

Cosa è l'indice di sazietà? (IS)
Ad introdurre in concetto di indice di sazietà è stata la ricercatrice australiana Suzanna Holt (Holt, S.H., et al., “A satiety index of common foods”, Eur J Clin Nutr 1995 Sep; 49(9): 675-690), in sintesi possiamo dire che è un calcolo complesso tiene conto del valore energetico degli alimenti o di un prodotto, ma anche la sua composizione nutrizionale (proteine, grassi, carboidrati e fibre). In particolare il suo valore dipende dalla densità calorica, dal contenuto di fibre e da macronutrienti.

Oggi in tutti gli uffici sia pubblici che privati, troviamo le macchine distributrici di prodotti alimentari, nate prima solo per l'acqua minerale, oggi hanno una varietà incredibile di prodotti sopratutto snack dolci e salati, printi per l'uso e facili da consumare. Se sei a dieta, mangi magari non abbastanza è facile sentire i morsi della fame ed è difficile non avvicinarsi al distributore autmatico e dici tanto cosa vuoi che mi cambi se mangia uno snack..., invece cambia, vediamo come

Come in analisi vediamo nella tabella i snack che vengono calcolati a confezione del distributore automatico, hanno un indice di sazietà basso, molte calorie e molto grassi, va se per esempio che ieri la persona davanti a me ha mangiato 4 confezioni di kinder bueno, presa evidentemente dai morsi della fame, nulla di male magari ero un po' eccessivo.

Il consumo di queste calorie extra per reazione a una forte sensazione di fame rischia di invertire la perdita di peso o comunque di rallentare il programma della perdita di peso. Il mio consiglio è in primo luogo non c'è nulla di male nel fare uno spuntino o una merenda, cercando di scegliere bene l'alimento più adatto, la frutta per esempio ha un numero basso di calorie, ricca di fibre come la mela (IS 3,3) , la banana (IS 3.5), contengono pochi grassi e hanno un indice di sazietà più alto che meglio aiutano a controllare il senso di fame e quando si inizia una dieta è molto importante.

lunedì 2 novembre 2009

Il Tar del Lazio conferma sanzione al presunto cartello della pasta; aggiornamenti Alixir, Efsa claims probiotici, Tonno

IL 28 ottobre il TAR del Lazio ha confermato la multa di 12,5 milioni di euro, che era stata inflitta dall’antitrust al cosiddetto "cartello della pasta", nelle vicenda sono coinvolte molte aziende testimonial del Made in Italy alimentare e 2 associazioni di categoria, che hanno secondo Antitrust e confermato dal Tar svolto un azione comune tesa a condizionare il mercato della pasta per fare rimanere i prezzi alti nonostante la discesa del prezzo del grano. Ne ho parlato nel Marzo 2009 Le società coinvolte sono : Barilla, De Cecco, Colussi, Garofalo, Di Martini, Rummo, Fabianelli, Mennucci, De Matteis, Cellino, Delverde, Divella, La Molisana, Tandoi, Nestlè, Zara, Riscossa, Liguori, Chirico, Granoro e Berruto mentre le due organizzazioni sono l’Unipi (Unione industriale pastai italiani), Unionalimentare.

Personalmente fossi stato io il Tar non avrei solo confermato, avrei obbligato a risarcire i consumatori e a raddoppiare le sanzioni poiché dalla data della sentenza dell’antitrust, c’è stata una campagna di comunicazione tesa a ribaltare le considerazioni dell’Antitrust e screditarne l’operato, pubblicata su diversi riviste specializzate e no, spiace di quanto avvenuto ma se le aziende non hanno detto la verità su questo immaginate sul il resto.

Barilla e l'antitrust (Alixir)
Tra le aziende coinvolte la Barilla nel cosiddetto cartello dalla pasta con una sanzione da 5 milioni di euro, la più alta. Torniamo a parlare di Barilla e della linea Alixir, durante un incontro a Tuttofood e come riportato sul numero di Largo Consumo del Ottobre 2009 pag. 11, si dice che “Alixir si basa su un ampia bibliografia scientifica e hanno svolto ulteriori studi comprovati da diverse strutture universitarie”, un conto e la letteratura scientifica un conto sono i prodotti, non è detto che uno sia conseguente dell’altro, ricordo a Barilla la sentenza e sanzione dell’antitrust del Settembre 2008 per pubblicità ingannevole della linea Alixir, in qualsiasi caso ci piacerebbe sapere questi studi dove si possono leggere, dove sono stati pubblicati? Cosi per dargli un occhiata. Non perchè non ci fidiamo ma per mettere a tacere persone sospettose e maligne nei quali non mi riconosco.

Efsa claims probiotici
Emplain !!180 su 180 claims alimentari sui probiotici sono stati rigettati dall’Efsa, come riportato da Dr. Gianna Ferretti, cosa dire? Lo abbiamo detto e spiegato in più post, eppure c’è chi li compra convinto di effetti miracolosi promessi dalla pubblicità, è un effetto placebo? Gli mettono dappertutto non solo nei yogurt, ora anche in biscotti, salumi, ecc ecc Giustamente Gianna si lamenta della mancanza di informazione a livello nazionale su questo argomento ha ragione, forse però non interessano più come una volta, oppure visto la crisi degli introiti pubblicitari in cui versano le case editrici, hanno timore di ritorsioni tra i big spender del mercato delle pubblicità ci sono proprie le aziende con i prodotti probiotici, sono certo che si tratta solo di casualità, vedere chi ne fa incetta al supermercato ti fa cadere le braccia e la voglia di fare informazione, siamo oltre il senso logico delle cose.

Tonno rosso e Unione Europea
Nonostante i diversi proclami, anche io nel mio piccolo, ma sopratutto Greenpeace, Wwf, associazioni di consumatori, l'Unione Europea ha messo in tonno rosso in stand-by, l’intenzione era di proibire la vendita e la pesca, sopratutto la possibilità di controllare la pesca di frodo visto che il 20% di tonno deriva da pesca abusiva, invece si è rimandato la decisione, questa settimana anche il Times ci aveva fatto una copertina! Un occasione persa!

Esprimo poi solidarietà a due blogger per il copia e incolla subito Lydia e Adriano.